E tre! Dopo l’Eternit, Bussi e Marlane. Se c’era bisogno di una conferma sull’inadeguatezza della legislazione italiana, eccola. Stando alle prime notizie, la questione sembra la stessa: non c’è il reato di disastro ambientale, che comporti la permanenza del reato finché persistono gli effetti disastrosi sulla salute umana e sulla compromissione distruttiva dell’ambiente. Per cui la prescrizione scatta, inevitabile. Oggi con una variante in più, proposta sembra dall’avv. Severino, già ministro della giustizia, che sostiene che, al contrario di quanto ci hanno sempre ripetuto che la legge non ammette ignoranza, per l’ambiente questa ignoranza sarebbe ammessa e quindi gli imputati non sapevano quel che facevano! Se dovesse far scuola anche questa lettura dei disastri ambientali, le possibilità di resistere ed impedire l’inquinamento e il danno alla salute scomparirebbero.

Ecco perché è assolutamente inderogabile inserire i delitti ambientali nel nostro codice penale.

C’è un paese dimenticato che chiede giustizia è che oggi trova voce in un fronte compatto che dice basta all’impunità degli ecocriminali, dando sollievo e nuova linfa all’economia legale e sostenibile, ai cittadini perbene. Sono milioni di persone che si riconoscono in 25 sigle, dalle associazioni ambientaliste (come, oltre Legambiente, Greenpeace, Wwf, Fai, Lav, Lipu, Kyoto Cub) a quelle antimafia come Libera, e ancora, tra le tante, Arci, Medici per l’Ambiente e Medicina democratica, Forum italiano dei movimenti per l’acqua, FederAmbiente, Associazione italiana esposti amianto, Coldiretti, Cia, Aiab, Rete Rifiuti Zero, Unione degli Studenti, Link, insieme al sostegno di semplici cittadini e comitati locali, che si sono mobilitate per la giustizia sia giusta!

Tutti consapevoli che il crimine ambientale è un crimine essenzialmente economico, figlio di una logica perversa di impresa e della ricerca del profitto a ogni costo. Questa logica va smantellata alla radice, quando in gioco ci sono interessi collettivi e il futuro di intere comunità. Servono nuove politiche di prevenzione e di gestione virtuosa dei beni comuni, certo, ma serve anche il bastone della legge penale contro chi si ostina a fare impresa a danno della comunità. Se vogliamo essere un paese normale e moderno.

Non è più accettabile nel nuovo Millennio una legislazione ambientale arretrata di almeno un secolo, pensata per un paese agricolo e a economia di sussistenza, non per il secondo paese manifatturiero d’Europa e tra i primi del mondo industrializzato. Esibendo ai responsabili dei crimini ambientali solo l’arma spuntata di semplici e blande contravvenzioni, che si prescrivono senza nemmeno il tempo di notificare gli avvisi di garanzia. Dopo il danno, la beffa.

Oggi, però, una strada da percorrere fino in fondo c’è. Una strada che è stata percorsa finora solo a metà e che oggi sembra impantanata. Questa strada è il disegno di legge 1345, approvato lo scorso 26 febbraio a larghissima maggioranza alla Camera e subito sparito nelle sabbie mobili del Senato. Qui il fronte del No ha trovato rinnovato vigore, foraggiato da una parte di quel mondo industriale, preistorico, abituato a scaricare sulla collettività i costi di processi produttivi obsoleti e fortemente inquinanti. Che temono come il demonio quei 4 nuovi delitti ambientali, soprattutto quelli di disastro e di inquinamento ambientale, che li costringerebbero a prendere una decisione definitiva: adeguarsi ai nuovi tempi e alle nuove tecnologie (internalizzando parte dei costi finora scaricati all’esterno), responsabilizzando la propria condotta, oppure mettersi dichiaratamente fuori legge e rischiare di finire nelle patrie galere. È l’effetto della deterrenza, o meglio, della prevenzione ciò che ci interessa di più. Questa riforma, facilmente migliorabile e perfettibile, potrebbe contribuire a svecchiare un pezzo di mondo produttivo e soprattutto sostenere l’economia sana contro quella che gioca sporco, altrimenti, come è sempre accaduto, l’economia cattiva caccerà l’economia sana.

Ai senatori di questa legislatura il compito di dimostrare al paese intero il loro senso di responsabilità e di lungimiranza, approvando in tempi rapidi il Dl già passato alla Camera, con miglioramenti possibili ma senza stravolgimenti pretestuosi. Su questo siamo a saremo intransigenti. Bisogna dare risposte concrete a quel paese dimenticato, che non ha nessuna intenzione di abbassare la guardia e di accettare supinamente i diktat delle solite lobby. Ognuno faccia la sua parte e se ne assuma la responsabilità, noi lo stiamo già facendo per il bene del nostro paese.

*presidente di Legambiente