Una e un quarto di notte, a Lampedusa arrivano 29 sopravvissuti di un naufragio avvenuto a poche miglia dalle coste libiche: mare forza quattro, quando i soccorritori sono arrivati la maggior parte dei profughi era già affogata. Dodici cadaveri recuperati, dai primi racconti inizia a circolare l’ipotesi che potrebbero esserci un centinaio di dispersi, quasi certamente annegati. Ma, si è scoperto poi, si trattava di una stima per difetto. Sul gommone erano in 140, in prevalenza provenienti dalla Guinea, costretti a prendere il largo anche se le condizioni erano proibitive per l’imbarcazione su cui erano. Arrivati sull’isola, in due sono stati trasferiti con l’elisoccorso a Palermo: uno con gravi ustioni su quasi tutto il corpo, l’altro per attacchi epilettici.

Dalle prime testimonianze rilasciate si è poi scoperto che si era trattato di un doppio naufragio, entrambi i gommoni avevano preso il largo nella notte da Tripoli. Due donne le uniche superstiti del secondo mezzo che trasportava circa 130 persone. Così il conto dei morti è salito a 239 (almeno 18 donne e 6 bambini) come ha confermato Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, agenzia dell’Onu per i rifugiati, che ha poi commentato: «Molte più vite potrebbero essere salvate assicurando vie legali di protezione. La soluzione è nota ma non popolare: modalità legali per asilo e migrazione». La sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha raccolte le testimonianze dopo le operazioni di sbarco: «Hanno raccontato di avere subito violenze di ogni genere. Molti sono sotto choc. Sono stati rinchiusi per quasi due mesi in un magazzino in Libia, prima di essere accompagnati sui due gommoni. Una delle due imbarcazioni era già difettosa, imbarcava acqua già alla partenza, ma quando alcuni si sono lamentati chiedendo di rinviare il viaggio sono stati costretti a salire e a partire».

Ricoverata al Poliambulatorio di Lampedusa, una ragazza di appena venti anni originaria della Liberia, era partita con la sua bambina di due anni ma le onde l’hanno trascinata via. Alla madre resta solo la fotografia della figlia morta, scattata dai soccorritori per identificare la salma. «Le storie dei superstiti sono raccapriccianti – spiegava ieri il dottor Pietro Bartolo, responsabile del poliambulatorio dell’isola e protagonista del film Fuocoammare -. Hanno raccontato che per la farli salire su questi due gommoni fatiscenti hanno sparato a un uomo uccidendolo. Si erano accorti che il mare non era nelle condizioni per una navigazione tranquilla, nonostante questo li hanno fatti partire e dopo poche miglia è successa la tragedia».

Ancora: «In un gommone erano presenti tre bambini, di cui uno era la figlia di una signora superstite. Ci ha fatto vedere la foto della figlia, era una mamma davvero inconsolabile. Una scena straziante. Per quanto efficiente possa essere la macchina dei soccorsi, la gente continua a morire con una frequenza insopportabile». E conclude: «Bisogna cambiare strategia e andare a prendere questa gente in terra africana. Spetta alla politica europea mettere fine a tutto questo». Con la ragazza della Liberia è approdata una donna della Guinea, le uniche due a scampare alla morte sul loro battello. Si è salvata grazie a un cadavere galleggiante a cui si è aggrappata per non annegare. Non ce l’ha fatta invece la sorella incinta.

Non ce l’ha fatta a sbarcare in Italia neppure Fatim Jawara, 19 anni, portiera della squadra nazionale femminile di calcio del Gambia. La notizia è stata diffusa ieri dalla sua federazione via social network, nel post anche la foto dell’atleta in volo mentre esegue una parata. Sarebbe morta lo scorso 27 ottobre durante la traversata in mare. Portiera della nazionale under 17 ai mondiali di categoria in Azerbaijan del 2012, aveva trascorso diverse settimane in un campo a Misurata, in Libia, in attesa di salire su un barcone. La famiglia sarebbe stata informata dal trafficante che la ragazza aveva pagato per raggiungere l’Europa, dove avrebbe voluto proseguire il suo sogno sportivo.

Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, si è raggiunta quota 4.220 morti registrate nel Mediterraneo quest’anno, nel 2015 erano state 3.777. Ieri sono stati arrestati 11 presunti scafisti a Messina e soccorsi 766 migranti, erano su imbarcazioni inadatte ad affrontare il mare ancora agitato: cinque gommoni, un barchino e un natante a vela. Secondo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, stiamo vivendo «l’emergenza di questo inizio secolo, non compresa appieno». Al centro di accoglienza di Lampedusa ci sono circa 700 ospiti ma la struttura potrebbe in realtà accoglierne solo la metà, un’ala è inutilizzabile dopo l’incendio dello scorso maggio. «Basta con queste stragi – ha concluso la sindaca Nicolini -, rischiamo un genocidio. Bisogna subito avviare i corridoi umanitari, altrimenti non finiremo mai di contare morti. Ho incontrato alcuni superstiti che sono ancora sconvolti da quanto accaduto. Delle donne hanno anche subito delle violenze fisiche. Servono strumenti legislativi adeguati. E poi pensiamo a queste persone che arrivano a Goro e vengono rifiutati. Incredibile». Ieri si è fatto sentire anche il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco: «Il fenomeno dell’immigrazione è irreversibile. Il sud del mondo si è messo in marcia e nessun muro o filo spinato potrà arrestare questa marcia. Il mondo occidentale deve esercitare l’accoglienza».