Le immagini girate da un drone o un elicottero, diffuse dalla stessa polizia, non dovrebbero lasciare spazio a dubbi. Nel filmato (https://youtu.be/K8SJA9Mo9dQ) il Land Cruiser del beduino israeliano Yaqub al Kyan procede lentamente. I poliziotti, in apparenza senza motivo, aprono il fuoco contro l’autoveicolo che, solo a quel punto, accelera e investe in pieno un gruppo di agenti uccidendo un poliziotto, Erez Levy. Abu al Kyan, colpito dai proiettili, probabilmente ha perduto il controllo dell’auto. Il governo israeliano invece legge le cose al contrario. Descrive quanto è accaduto ieri nel villaggio beduino non riconosciuto di Umm al Hiran come un «atto di terrorismo», istigato, secondo il premier Netanyahu e alcuni ministri, dalla presenza di deputati arabo israeliani. Abu al Kyan è quindi emerso sui media israeliani come «un terrorista affiliato al movimento islamico», forse «simpatizzante dell’Isis», mentre la sua gente ripete che era solo un insegnante. Non è stata contemplata in alcun modo l’ipotesi del gesto violento – comunque escluso dalla famiglia – compiuto da un uomo che ha visto il suo villaggio troppe volte raso al suolo dalle ruspe. Ipotesi considerata da una soldatessa-giornalista, Hen Elmaleh, della redazione di Galei Tzahal, la radio dell’esercito. «Metterei sotto anche io un poliziotto che viene a casa mia per cacciarmi e fare posto a una comunità più forte della mia e non per parlarmi di istruzione», ha scritto Elmaleh su Facebook. Denunciata con sdegno dagli internauti israeliani, è stata espulsa dalla redazione.

La situazione è precipitata ieri all’alba. La sera prima erano arrivate le ruspe per far rispettare la sentenza della Corte Suprema che il 17 gennaio ha respinto in via definitiva il ricorso della popolazione contro la demolizione di Umm al Hiran, nel deserto del Neghev, che deve far posto a una nuova cittadina ebraica, Hiran. Ma la polizia appariva disposta al negoziato, ha raccontato un attivista ebreo Kobi Snitz. Per tutta la notte si è discusso di una «evacuazione volontaria» per evitare problemi alla comunità di Umm al Hiran, composta anche da tanti bambini. Alle prime luci del giorno però sono arrivati centinaia di poliziotti, in tenuta antisommossa e con decine di automezzi blindati. A quel punto è apparso chiaro che la trattativa era finita e che la polizia avrebbe proceduto allo sgombero con la forza. «Yacub è uscito di casa per chiedere spiegazioni alla polizia. È salito in auto. Dopo pochi minuti abbiamo sentito gli spari», raccontava ieri Atwa, una cugina di Abu al Kyan. Poi è stato il caos. La polizia ha lanciato granate stordenti e sparato proiettili rivestiti di gomma, uno dei quali ha ferito al volto il deputato Ayman Odeh, leader della Lista unita araba, terzo partito alla Knesset. Infine sono entrate in azione le ruspe per abbattere le abitazioni, spesso fatte solo di lamiere.

L’accaduto ha suscitato clamore e preoccupazione tra gli arabo israeliani che hanno proclamato per oggi un giorno di sciopero generale, come la scorsa settimana dopo la demolizione di 11 case “illegali” nella cittadina di Qalanswa. Ieri sera si sono tenuti raduni a Umm el Fahem, Tel Aviv, Jaffa, Lod, Haifa, Nazareth, Shefa Amer e San Giovanni d’Acri. È dal 1956 che gli abitanti di Umm al-Hiran lottano per vedere riconosciuto il loro insediamento, anche se nel Neghev ci vivono da molto prima della fondazione di Israele. Sullo sfondo c’è il “Piano Prawer” che prevede il «trasferimento» – di fatto l’espulsione e la sedentarizzazione obbligata – di intere comunità beduine verso sette township: Rahat, Hura, Tel as-Sabi, Ararat an-Naqab, Lakiya, Kuseife e Shaqib al Salam.

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