Che giorno strano è questo per noi. Tra le famiglie arcobaleno, ci sono donne e uomini che hanno aspettato decenni per poter festeggiare l’approvazione di una legge sulle unioni civili in Italia. Decenni di militanza, di parate dell’orgoglio e di associazionismo per alla fine poter dire: adesso abbiamo anche noi il diritto a un amore che non sia irrilevante agli occhi dello stato.
Abbiamo lottato tanto e alla fine una legge è arrivata, ma non è una legge che oggi possiamo festeggiare. Non possiamo non perché siamo massimalisti, come qualcuno dice, ma perché in questa legge manca il principale requisito di qualsiasi buona legge: normare la realtà che già c’è, senza chiudere gli occhi o girarsi dall’altra parte.
I nostri figli esistono nel mondo, ma non esistono in questa legge, cancellati dopo una furente battaglia ideologica che ha dipinto i genitori omosessuali come incoscienti, egoisti, pazzi.

Questa è una legge che, per punire gli adulti, colpisce i figli togliendo loro il diritto a vedersi riconoscere entrambi i genitori. Per questo non possiamo festeggiarla, perché noi adulti oggi abbiamo qualcosa di più. Ma i nostri figli hanno il solito niente.
Ci si potrebbe chiedere, e ce lo siamo chiesti a lungo, cosa abbiamo sbagliato nelle nostre battaglie. Perché in questi mesi abbiamo dovuto subire un’offensiva culturale e ideologica violentissima senza riuscire a convincere molti italiani che anche noi omosessuali possiamo essere buoni genitori? Le ragioni possono essere tante e tanto si discuterà. Qui voglio solo dare un’ipotesi, una chiave di lettura possibile. Il fattore biologico della genitorialità, le problematiche della gestazione per altri, le difficoltà a raggiungere con le nostre storie personali tutti gli italiani. Tutto questo ha pesato, certo. Ma tanto furore ideologico contro di noi non si spiegherebbe se non ci fosse un altro fattore che non possiamo ignorare: oggi molti italiani sono ancora convinti che gli omosessuali possano e debbano essere tollerati, ma non sono cittadini veramente uguali agli altri. La loro diversità rimane, agli occhi di molti, un fattore incancellabile di inferiorità. E visto che la genitorialità porta con sé, al di là del suo valore oggettivo e intrinseco, tutta una serie di valori simbolici che hanno a che fare con la capacità di vivere nella e per la società come soggetti fecondi, creatori di valori, padri e madri di una società migliore, negare agli omosessuali paternità e maternità è l’ultimo modo per affermare: vi tolleriamo, ma non siete come noi.

Il movimento Lgbt questo tema lo ha chiarissimo e per questo le nostre battaglie, con pochissime eccezioni, sono state appoggiate compattamente, sempre. Quei pochi che non lo hanno capito, che pensano che lo stralcio della stepchild adoption sia un semplice incidente di percorso che non inficia il risultato finale, temo avranno un brutto risveglio quando scopriranno che tra chi ha oggi approvato questa legge c’è chi nutre il desiderio di dare un po’ di diritti a gay e lesbiche, ma solo un po’, non tutti. Perché i diversi rimangono diversi e questo la legge lo deve riconoscere.
Questa è un’idea che noi, ovviamente, non possiamo tollerare. Sappiamo che oggi è stato fatto un primo passo importante, certo. Ma sappiamo anche che la nostra battaglia inizia adesso. Combatteremo per l’adozione, per il matrimonio egualitario, per riconoscere i nostri figli alla nascita, per spiegare agli italiani cosa è veramente la gestazione per altri, per ottenere gli stessi diritti di tutti gli italiani in materia di fecondazione assistita. In conclusione: che bello, quando alla fine di una corsa, chi vince alza le braccia al cielo e tutto quello per cui ha a lungo lottato e faticato acquisisce un senso. Noi oggi non siamo quelli che alzano le braccia al cielo. Siamo quelli che ancora corrono, ma verrà il momento anche per noi di alzare quelle braccia. E proprio lassù verso lo stesso cielo.

*Presidente nazionale famiglie arcobaleno