È stata un’operazione di palazzo? La platea del Quirino, gremita e partecipe, ci dice di no. E del resto oggi il palazzo si manifesta con tweet e battute, o magari insulti televisivi. Ma dobbiamo ricordare che è facile entusiasmarsi per una buona assemblea.

Decisivo è il dopo.

La fase costituente che si avvia – se vera, e non di facciata – può avere un obiettivo ambizioso. Che non è tanto o solo quello di togliere con maggiore efficacia il velo alla pubblicità ingannevole del governo nel confronto parlamentare.

Molto di più conta la possibilità di orientare il sistema politico, oggi sostanzialmente organizzato su tre poli, verso un modello quadripolare.

Un obiettivo minore? Niente affatto. È anzitutto l’unico obiettivo realistico, perché è quello oggi e nel futuro prossimo consentito dalle condizioni del political market. Ma ancor più il successo di Sinistra Italiana e il suo consolidarsi avrebbero l’effetto – di assoluto rilievo – di chiudere definitivamente la strada al partito della nazione. E al disegno renziano di far regredire il paese portando il Pd a essere la Dc del nuovo millennio.

Per quelli di memoria corta, ricordiamo che la Dc ha mantenuto per decenni la sua egemonia avendo a destra e a sinistra partitini satelliti cui elargiva di volta in volta briciole di potere. Con i dovuti aggiornamenti, è il disegno di Renzi.

Che può essere battuto da una sinistra non ristretta a numeri di mera sopravvivenza, fortemente radicata, di governo ma non subalterna. Rompendo, nel fare questo, la mistica della “ditta” che ha consegnato agli scaffali polverosi della storia il gruppo dirigente del fu più grande partito della sinistra.

Si può fare. L’esito è reso possibile dalla politica di Renzi, che ha rotto con le radici storiche del suo partito, e lo ha spostato irreversibilmente verso politiche centriste, e spesso regressive. Anche le mosse con cui oggi cerca di evitare erosioni di consenso per lui pericolose – come le imposte sulla casa – non sono certo di sinistra.

E le cose già fatte – riforme istituzionali, Jobs Act, scuola – comunque danno al renzismo una identità lontana dalla sinistra e con essa incompatibile. E che proprio le riforme sono tese a rendere permanente.

Comunque, un percorso non facile. Un primo nucleo di programma e progetto politico esiste già, e bisogna completarlo e perfezionarlo. Ma da solo certo non basta.

È indispensabile costruire nei tempi più brevi un radicamento territoriale. Qui l’occasione è data dal dissolvimento della struttura organizzata Pd in gran parte del paese.

Uno spazio c’è, e va occupato. È il modo migliore per dare il messaggio di una politica nuova, e contrastare l’accusa che pezzi di vecchia politica cercano solo di non affondare. Per questo saranno decisive le prossime elezioni amministrative.

È giusta la scelta di essere in campo, e va condivisa anche la posizione favorevole all’eventuale appoggio ai candidati M5S. Non si fa politica con un braccio legato dietro la schiena. Né deve far velo la dichiarata disattenzione di M5S, che evidentemente non ha alcun interesse a favorire la crescita di un nuovo polo nel sistema politico.

La sinistra che nasce dovrà sgomitare parecchio per riguadagnare lo spazio che la sinistra di prima ha perduto, per debolezza culturale, ignavia, motivi futili o anche abietti.

Ma soprattutto fare politica a tutto campo è l’unico modo di provare che la “ditta” non è più un richiamo irresistibile. E che nemmeno le poltrone nel governo locale offrono un analogo richiamo.

Vanno capite le difficoltà di Sel, parte della maggioranza per molti esecutivi locali. Ma, in termini generali, la nascita di Sinistra Italiana pone Sel davanti alla scelta se rimanere un partitino satellite da pochi punti percentuali, o essere il nucleo fondativo di un esperimento politico che può incidere sul futuro del paese. Se dovesse su tutto vincere il solo istinto di sopravvivenza individuale, ne verrebbe la prova che anche questo pezzo di una fu grande sinistra non è all’altezza del compito.

La posta in gioco si capisce meglio considerando che siamo all’avvio di una stagione referendaria di attacco alle politiche di Renzi. Una stagione da cui uscirà l’Italia di domani, quale che sia. Messa la mordacchia al parlamento, dissolti i partiti, marginalizzati i sindacati, lo strumento referendario è il solo disponibile per riportare nelle nostre mani le scelte che incidono sulla vita di ognuno, sui diritti, sulle speranze. Il solo che possa contrastare le pulsioni autocratiche del governo in carica. Su questo Sinistra Italiana si dovrà misurare.

Le amministrative saranno la prova generale di una presenza sul territorio che potrà mostrarsi essenziale per il referendum NoTriv, quello sulla riforma costituzionale, la raccolta delle firme per i referendum abrogativi possibili nel 2017 su Italicum, scuola, Jobs Act.

Un anno e mezzo per costruire una politica nuova e una sinistra degna di questo nome, abbastanza forte da superare le forche caudine di soglie e premi di maggioranza.

Un tempo breve, che non ammette ritardi.

Molti di noi hanno vissuto con sofferenza, talvolta con disgusto e rabbia, le vicende politiche degli ultimi anni.

Siamo rimasti sommersi, in apnea. Vogliamo respirare.