Mentre ci si ricorda e ci si muove diplomaticamente – e a furor di media – per riportare in Italia uno dei due marò ancora in India, non altrettanto si fa per ricordare chi invece è morto a causa dell’esposizione all’uranio impoverito, durante una missione internazionale. È il caso di Gianluca Danise che avrebbe compiuto 44 anni il prossimo aprile.

La sera del 27 dicembre è morto, dopo una lunga battaglia contro il cancro per l’esposizione all’uranio impoverito, usato dalla Nato nei bombardamenti in diversi paesi in cui Danise si era recato in missione, tra i quali il Kosovo.

Maresciallo dell’Aeronautica, Danise è arrivato in Kosovo, a Giakova, nel 2000. Negli anni successivi ha partecipato a molte altre missioni in paesi quali Afghanistan e Iraq. Nel comunicato stampa emesso dopo il decesso in un ospedale a Verona dall’Osservatorio Militare, emerge l’impegno e il ruolo di Danise in queste missioni: «Gianluca aveva delle peculiarità: nella sua vita ha fatto quasi tutte le missioni ed è stato presente in quasi tutti i teatri in cui i nostri militari sono stati impegnati, faceva parte di corpi speciali ed è stato tra le pochissime persone che hanno saputo attrezzare, preparare e ricomporre a 40° all’ombra i corpi dilaniati dei colleghi uccisi a Nassiriya».

Un anno fa sembrava avesse sconfitto la malattia, poi invece è riapparsa in tutta la sua gravità. Ha lasciato moglie e una figlia di un anno. Gianluca Danise è stato l’unico militare malato a causa dell’uranio impoverito che aveva ricevuto una telefonata personale dal ministro della Difesa. Lo ha dichiarato Domenico Leggiero, portavoce dell’Osservatorio Militare: «Umiliato ed offeso dalle istituzioni, Gianluca non è riuscito neanche ad ottenere il diritto alla sua pensione giustamente maturata. Era emozionato, Gianluca, quando sentì il Ministro Pinotti al telefono, credeva in uno scherzo goliardico tra amici, invece era vero, vero al punto tale che anche noi tutti sperammo che finalmente il silenzio e l’omertà che avvolge i nostri governanti quando si parla di uranio impoverito fosse finita».

Così invece non è stato. Gianluca Danise è morto senza ottenere tale diritto. Nonostante questo, dal suo testamento si evince che non ha mai smesso di credere nei valori dell’impegno ricoperto nell’esercito. «Uniforme e Bandiera, nonostante tutto, sono state le volontà espresse da Gianluca al suo funerale», prosegue Leggiero, «Gianluca ha voluto lasciare anche un pensiero agli altri cinque commilitoni che, come lui, si stanno preparando a lasciarci, anche loro, per quel terribile cancro causato dall’esposizione all’uranio impoverito le cui responsabilità restano l’ennesimo mistero di un’Italia degna di uomini come Gianluca, ma anche ricca di misteri che ne offendono la storia». Con Gianluca Danise il numero ufficiale dei decessi, come dichiara l’Osservatorio Militare, sale a 321.

Vittime della «Sindrome dei Balcani» scoppiato nel 2001, con l’emergere dei primi casi di militari italiani ammalatisi o deceduti al rientro dalle missioni in Bosnia Erzegovina e Kosovo. Due paesi che erano stati bombardati dalla Nato, nel 1995 e nel 1999, con proiettili all’uranio impoverito (DU), come emerse dalle mappe dei siti bombardati, rese pubbliche dalla Nato in diverse fasi temporali tra il 2001 e il 2003. Dalle mappe risulta che in Kosovo – nel 1999 – la zona posta sotto protezione del contingente italiano fu una delle più bombardate: 50 siti per un totale di 17.237 proiettili.

Da allora è una battaglia: tra chi continua a negare l’esistenza di una correlazione tra esposizione al Du e malattia, e chi combatte sostenendo il contrario con numeri di morti e malati alla mano e sentenze di condanna a carico del ministero della Difesa. Diverse le commissioni di indagine isituite nel frattempo: tre inchieste parlamentari tra l’autunno del 2005 e gennaio 2013. Lo scorso 30 giugno è stato deliberato l’avvio di una nuova Commissione parlamentare d’inchiesta che si è insediata poche settimane fa.

* Osservatorio Balcani e Caucaso