Il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, o chi per lui, è stato ucciso dal 2009 ad oggi almeno tre o quattro volte. Stavolta invece il «cosiddetto Abubakar Shekau, si crede sia stato ferito a morte a una spalla» durante un raid dell’aviazione nigeriana ma non è chiaro se sia morto o sopravvissuto.

Secondo l’esercito nigeriano il raid della Nigerian Air Force (Naf), «il più spettacolare e senza precedenti», avrebbe colpito i terroristi venerdì scorso mentre erano raccolti in preghiera nel villaggio di Taye, nella foresta Sambisa (Stato del Borno). Tra i comandanti jihadisti uccisi ci sarebbero anche Abubakar Mubi, Malam Nuhu e Malam Hamman.

La notizia è stata accolta con scetticismo da diversi esperti che fanno notare come non sia la prima volta che l’esercito nigeriano annunci la morte di Shekau per essere poi tutte le volte smentito da video che lo ritraggono vivo. Il segretario di stato americano John Kerry in visita ufficiale in Nigeria non ha fatto alcuna menzione di Shekau durante la prima tappa nella città di Sokoto.
Se la notizia venisse però confermata, morto o gravemente ferito che Shekau sia, si tratterebbe di un duro colpo per il gruppo terroristico nigeriano che attualmente sta affrontando fratture interne e pesanti sconfitte da parte di una task force regionale che ha il suo quartier generale a N’Djamena, capitale del Ciad.

All’inizio di questo mese l’Is ha annunciato sul suo magazine Al-Naba, il nuovo leader di Boko Haram e governatore dello Stato Islamico per l’Africa occidentale Abu Musab al-Barnawi già comandante militare del gruppo. Un nomina che Shekau aveva respinto al mittente con una clip audio di 10 minuti postata sui social media. E già questo, l’aver cioè affidato la sua replica a una registrazione audio aveva alimentato i sospetti di una sua ridotta capacità fisica o operativa.

Considerando che Shekau è sempre apparso in video di propaganda brandendo armi automatiche e inveendo violentemente contro la Nigeria e l’Occidente, l’assenza di tali video da marzo scorso ha lasciato spazio a varie speculazioni.

A giugno poi il generale americano Thomas Waldhauser aveva reso noto che un’ala consistente di militanti all’interno di Boko Haram rimproverava a Shekau un mancato pieno allineamento ai dettami dello Stato Islamico (a cui il gruppo ha giurato fedeltà a marzo 2015) e che si era per questo divisa.
Questa fazione dissidente sarebbe quella guidata da Al-Barnawi. Il cui modus operandi come fanno notare alcuni analisti mostrerebbe in effetti sostanziali divergenze. Gli obiettivi sarebbero ora i militari nigeriani più che i civili, in contrasto con gli attentati in luoghi pubblici affollati come mercati e moschee che hanno caratterizzato le strategie del gruppo sotto Shekau.

Divisioni queste che indeboliscono la leadership di Boko Harama già sotto scacco da alcuni mesi da parte delle forze di sicurezza locali e dei paesi limitrofi che hanno potenziato seppur tra innumerevoli difficoltà le azioni di contrattacco. L’aeronautica nigeriana (Naf) ha infatti lanciato circa due mesi fa l’operazione con cui intende assestare il colpo finale a Boko Haram. Gama Aiki subentra all’operazione Crackdown e prevede un’azione intensificata di raid aerei contro le roccaforti di Boko Haram soprattutto nella foresta di Sambisa (dove si crede che il gruppo tenga prigioniere le oltre 200 ragazze rapite da Chibok nell’aprile del 2014) e una maggior collaborazione con le forze di terra della Multi National Joint Task Force (Mnjtf).

Abubakar Shekau, di etnia Kanuri, originario dello stato dello Yobe, può essere considerato come uno tra i leader più radicali e violenti. Sotto la sua leadership Boko Haram è diventata una rete clandestina tra le più famigerate, ha ucciso più di 15.000 persone, prodotto più di due milioni di sfollati.

Secondo molti «Abubakar Shekau» potrebbe anche essere il nome di battaglia non di un solo leader ma dei leader di almeno sei unità semi-autonome che formerebbero la galassia Boko Haram.