Oltre 9mila morti, migliaia di profughi, vittime ancora di recente: l’Ucraina dal 2014 costituisce un teatro di instabilità sia per l’Europa sia per Mosca costretta a fronteggiare una crisi nel giardino di casa e a doverne sopportare alcune conseguenze economiche, come le sanzioni. Il conflitto in Ucraina e il «recupero» della Crimea da parte di Mosca rappresentano due momenti fondamentali dell’attuale difficile equilibrio del mondo multipolare. Sulla guerra ucraina hanno pesato e non poco i dissidi tra Russia e Stati uniti in Siria; anzi il conflitto ucraino è diventato, come capitato ad altri teatri di guerra, una specie di scontro per procura su cui ha giocato un ruolo non da poco anche l’Unione europea.
In questo periodo pre elettorale per la Russia, l’Ucraina è tornata di attualità per vari motivi, compreso lo scontro sui seggi in Crimea. «I tentativi delle autorità ucraine di porre un ultimatum alla Russia e di condizionare l’apertura dei seggi elettorali in Ucraina allo svolgimento delle elezioni russe in Crimea sono ridicoli» e costituiscono «una violazione delle norme delle relazioni internazionali», ha commentato il ministero degli esteri a Mosca. «La Crimea è parte inseparabile della Russia e la decisione di svolgervi elezioni è esclusivamente di competenza della Russia».

Negli ultimi giorni sono arrivate alcune notizie positive sul fronte militare. «Possiamo dichiarare che dalla mezzanotte tra il 14 e il 15 di settembre noi sospenderemo qualsiasi attacco dei territori (ucraini, ndr) nonché qualsiasi operazione bellica e chiediamo alla parte ucraina di trattare questa offerta seriamente e di dimostrare con i fatti che sono pronti a fare altrettanto». È quanto ha dichiarato il leader della repubblica popolare di Donetsk, Alexander Zakharchenko. Un cessate il fuoco che segue l’uccisione di tre soldati e il ferimento di altri 15 in un combattimento con i separatisti nell’est del paese. I leader delle regioni filo-Mosca, Igor Plotnitsky, della repubblica popolare di Luhansk, e Aleksandr Zakharchenko, di quella di Donetsk, hanno annunciato la tregua dal 15 settembre; è una sorta di sovrapposizione a quella prevista dagli accordi di Minsk del settembre 2015, che secondo i ribelli viene sostenuta «senza riserve, il nostro è un gesto di buona volontà, non un segnale di debolezza». «Sarà strettamente proibito a ogni unità delle milizie popolare di Luhansk aprire il fuoco in risposta a bombardamenti e provocazioni proveniente dai militari ucraini o dalla guardia nazionale», ha aggiunto Plotnisky.

Mosca ha detto di aspettarsi che i partner nel «formato Normandia» e l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sostengano il cessate il fuoco nel Donbass. «Ci aspettiamo – ha detto il ministero degli Esteri russo Lavrov alla Tass – che i nostri partner nel formato Normandia sostengano questa mossa e che la missione di vigilanza speciale dell’Osce da parte sua fornisca assistenza pratica per stabilire in pieno la tregua».

Nel frattempo per la parte occidentale del paese, retta dal miliardario Poroshenko e di fatto in completo fallimento economico, ecco l’aiutino del Fmi, che ha sbloccato la terza tranche del prestito promesso all’Ucraina, una tranche che avrebbe dovuto essere di 1,7 miliardi di dollari che invece è stata ridotta a un miliardo, ma che è stata lo stesso accolta a Kiev come un successo dopo che per un anno ne era stata sospesa l’erogazione. L’erogazione del prestito da 17,5 miliardi di dollari in quattro anni varato nel marzo del 2015 era stata infatti condizionata al proseguimento delle riforme necessarie per rendere l’economia del paese più efficiente e sostenibile, limitare il debito e aumentare le riserve di valuta, e alla lotta alla corruzione, passi che, non solo a giudizio dell’Fmi, non erano avvenuti. Del prestito è stata versata complessivamente a Kiev una porzione pari a 7,62 miliardi. La direttrice dell’Fmi Christine Lagarde ha spiegato che l’Ucraina dimostra «segni di ripresa» e una maggior fiducia che attribuisce all’attuazione delle riforme, di politiche macroeconomiche corrette e a uno sforzo per risanare il sistema bancario. Ma «una ripresa sostenibile richiede il completamento di una trasformazione strutturale dell’economia, inclusa la lotta alla corruzione e al miglioramento della governance, ed è qui che molto deve essere ancora fatto». Petro Poroshenko ha accolto lo sblocco del prestito come «il riconoscimento del mondo che sono in corso in Ucraina le riforme «e che il paese sta andando nella direzione giusta», sottolineando che la decisione dell’Fmi aprirà la strada all’emissione entro la fine del mese di bond per un miliardo di dollari garantiti dagli Stati Uniti e a garanzie per 600 milioni di euro dell’Unione europea.