«Noi siamo indifferenti alle sorti del governo, ci sono colleghi in Magistratura democratica che probabilmente pensano che stia facendo bene e magari lo sostengono», assicura Carlo De Chiara, magistrato di Cassazione e presidente nazionale di Md.

All’obiezione che augurarsi la vittoria del No al referendum costituzionale significa – visto quello che ha detto più volte Renzi – tifare per le dimissioni del governo, De Chiara replica che «è stato purtroppo il presidente del Consiglio ad aver posto nei termini “con me o contro di me” il referendum. Ed è stato uno sbaglio perché la Costituzione è ben al di sopra delle vicende politiche contingenti».

C’è una cosa non sconfessabile nella famosa intervista di Piergiorgio Morosini al Foglio – poi smentita dal magistrato del Csm – ed è che Magistratura democratica, la corrente cui il gip di Palermo ha guidato da segretario per due anni fino al 2012, fa parte integrante del comitato per il No al referendum costituzionale. E non da ieri, ma da quattro mesi, esattamente dal 12 gennaio scorso. Lo stesso giorno in cui la riforma costituzionale fu approvata per l’ultima volta alla camera in prima lettura: l’adesione di Md alla campagna per il No al referendum di ottobre fu comunicata alla prima assemblea del comitato, e accolta con un applauso. Le parole di Morosini al Foglio contro la riforma – «Bisogna guardarsi bene dal rischio di una democrazia autoritaria. Un rapporto equilibrato tra parlamento e organi di garanzia va preservato» e «se passa la riforma abbinata all’Italicum il partito di maggioranza potrà decidere da solo i membri della Consulta e del Csm di nomina parlamentare» – sembrano copiate e incollate dal documento con cui Md ha aderito al No. Ieri però il gruppo di Area al Csm (la sigla che riunisce le due correnti di sinistra dei magistrati, Md e i Movimenti per la giustizia) ha scritto che «intende restare estraneo a valutazioni sulle consultazioni referendarie o politiche che restano demandate ai singoli o libere associazioni nell’esercizio della libertà di pensiero». Per i consiglieri del Csm (quelli di Area, Morosini compreso, sono sette, è la delegazione più numerosa tra i togati) l’invito è a non partecipare alla campagna referendaria. Invito che arriva dopo la bufera dell’intervista. Ma non riguarda le «libere associazioni», come appunto Md.

«Non vedo perché Magistratura democratica non possa avere il diritto di partecipare al comitato del No, come del resto ha già fatto in occasione del referendum costituzionale del 2006 (quello contro la riforma costituzionale di Berlusconi e Bossi, ndr) e non ricordo allora polemiche», va avanti il consigliere di Cassazione De Chiara. E aggiunge: «Chi ha a cuore la Costituzione, magistrati naturalmente compresi, deve avere tutto il diritto di esprimersi senza condizionamenti. C’è bisogno di più discussione e più partecipazione politica in questo paese, soprattutto su temi così rilevanti. Per di più il comitato del No ha una connotazione civica e non può essere accusato di collateralismo con questo o quel partito».

Come la pensi Md è chiaro da tempo: la riforma «introduce una concezione semplicistica e formale della democrazia, in base alla quale chi vince prende tutto, e rinuncia alla soluzione della crisi di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, riducendo la partecipazione a una delega in bianco». Secondo De Chiara «sarebbe senz’altro legittimo se anche l’Associazione nazionale magistrati decidesse di dare una sua indicazione sul referendum o aderisse a un comitato; dal mio punto di vista sarebbe persino auspicabile ma spetta all’Anm deciderlo e Md non pretende che lo faccia».