So ragazzi, si direbbe a Roma. Un esordio che sin da subito è sembrata una scommessa vinta dall’etichetta La Tempesta con Sony Music, già che la band de Lo Straniero arriva da esperienze importanti. Ora esce il loro primo disco (senza titolo) e che disco. Sembra un ritorno al passato, con uno spaccato di elettronica suadente degli anni ’80, mai eccessiva, calibrata con testi intelligenti e freschi.

Certo, le origini piemontesi di alcuni fanno supporre una profonda conoscenza dei Subsonica (ehm, Speed al mattino e La funzione dei Sub suonano un tantino simili), ma i riferimenti a tratti troppo marcati (il duo di voci rimanda inevitabilmente ai Prozac + ed echeggia Battiato) possono essere considerati peccati veniali se consideriamo il prodotto finale, una sorta di viaggio nell’oltremare di una generazione senza più riferimenti e senza futuro, ma sempre alla ricerca di un riflesso di bellezza.

Elettronica ma non solo, il mantra di alcuni brani diventano ossessione e ribellione, mentre la riuscitissima Sotto le palme di Algeri è un manifesto alla ricerca di se stessi, nel vagabondare moderno e confuso.
Un tizio come William Burroughs si sarebbe sentito comodo in questa narrazione.