Il tweet di Gad Lerner non esaurisce l’argomento: “Con l’approvazione della legge anti moschee la Regione Lombardia conferma di essere governata da trogloditi”. Vero, ma poco consolante. L’ultimo obbrobrio partorito dalla giunta del leghista Roberto Maroni (con la complicità di Fi, Fdi e del Ncd che governa con il Pd) purtroppo torna utile per uno scopo tutto politico: servirà a preparare il terreno per le future campagne razziste e islamofobe delle destre radicali in vista delle prossime campagne elettorali. Nel mirino ci sono soprattutto le elezioni milanesi del 2016.

 

I “trogloditi”, infatti, guardano avanti e non si curano del fatto che quasi sicuramente la Corte Costituzionale prima o poi farà carta straccia delle modifiche approvate alla legge per il governo del territorio, in particolare nel capitolo “principi per la pianificazione delle attrezzature per i servizi religiosi”. Così com’è concepita, infatti, la legge verrà impugnata dalle associazioni che rappresentano le comunità musulmane. E non solo, perché il testo, non potendo attaccare apertamente solo una religione, fa riferimento a tutti i luoghi di culto in Lombardia. Di fatto non si potrà costruire nemmeno una moschea, ma neanche un tempio buddista, una chiesa evangelica o una sinagoga.

 

Ma da qui alla sentenza, si apriranno autostrade per creare conflitti, aizzare gli animi e delirare sul “pericolo islamico”. L’articolo 19 della Costituzione, che stabilisce il diritto di professare liberamente la propria fede, evidentemente non è vincolante per i legislatori lombardi se il vero scopo è ostacolare il Comune di Milano che ha appena pubblicato un bando per l’assegnazione di tre luoghi di culto, coinvolgendo con fatica le associazioni musulmane.

 

Hanno scelto di farlo “inventandosi” vincoli urbanistici e burocratici. Ma anche norme strampalate che di fatto garantirebbero un diritto di veto (anticostituzionale) alle amministrazioni comunali, come la possibilità di indire un referendum consultivo. Qualche dettaglio? Obbligo di installare telecamere collegate con la questura, presenza di strade di collegamento e realizzazione obbligatoria di opere di urbanizzazione, come la costruzione di un parcheggio grande almeno il doppio della superficie destinata alla preghiera. Vincolante sarà anche la distanza minima necessaria tra un luogo di culto e l’altro.

 

Ci sono anche altre trappole, alcune ridicole. E’ stato introdotto l’obbligo preventivo per i comuni di procedere alla Valutazione Ambientale Strategica, una procedura così vaga che serve solo per bocciare qualunque tipo di progetto, che tra le altre cose dovrà anche rispettare la “congruità con le caratteristiche del paesaggio lombardo” -forse vogliono moschee esteticamente “congrue” con un ipermercato, un capannone industriale o una pompa di benzina.

 

I rappresentanti delle comunità religiose sono scandalizzati. “La legge limita in maniera indegna la libertà di culto e sarà impugnata il più presto possibile, ci sono norme che vanno nella direzione opposta al dialogo che noi continuiamo a proporre proprio per evitare qualsiasi deriva estremistica”, spiega Hamza Roberto Piccado dell’Ucoii (Unione delle comunità islamiche in Italia). “Mi dispiace vedere che i politici vadano ad investire le loro risorse in proposte di legge che si riveleranno incostituzionali – aggiunge l’imam Yahya Yahe Pallavicini, vicepresidente della Coreis – bisognerebbe affrontare più seriamente le reali esigenze dei musulmani e di tutti i credenti in Lombardia per trovare coordinate che garantiscano la libertà religiosa e la sicurezza”.

 

Sono a dir poco perplessi anche i sindaci italiani. Per il presidente di Anci Lombardia, Roberto Scanagatti, la legge complica ulteriormente l’attività degli enti locali già stressati dai tagli e lede l’autonomia dei comuni. L’assessore ai servizi sociale del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, di fatto è uno dei bersagli della legge già ribattezzata “anti moschee”. Parla di azione “culturalmente odiosa e straordinariamente inopportuna in un momento come questo”. Le ricadute sul bando di Palazzo Marino sono ancora da valutare, ma è ormai certo che sarà questo, e sarà molto pericoloso, il prossimo terreno di scontro. “Di certo si è dato un pugno in faccia a qualsiasi tentativo di dialogo con le culture”.