Il regime militare egiziano somiglia sempre più a una dittatura sudamericana con tanto di desaparecidos, pene di morte generalizzate e torture. Come se non bastasse, secondo la Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh) nel paese di Abdel Fattah al-Sisi si fa un uso sistematico dello stupro su donne, bambini e uomini oltre i confini delle stazioni di polizia e delle carceri. I famigerati poliziotti egiziani, conosciuti per le loro pratiche sommarie, sono tornati ad assaltare, violentare con oggetti contundenti, effettuare test della verginità, elettroshock agli organi genitali con più violenza di prima gente per strada e nelle università.

Nel report dal titolo «Smascherare l’ipocrisia dello Stato: la violenza sessuale delle forze di sicurezza in Egitto», si aggiunge che lo scopo di queste molestie di massa è uno solo: eliminare le proteste di piazza. Secondo il think tank, in particolare per una donna è semplice finire nell’inferno di queste pratiche aberranti perché i poliziotti, sempre più potenti dopo il colpo di stato militare del 2013, considerano la tortura come un loro dovere.
I documenti presentati dal Fidh includono una lunga serie di testimonianze di donne che raccontano come sono state bastonate fino al punto di non poter rimanere in piedi prima di essere violentate nonostante ormai vomitassero sangue.

Alcuni bambini della prigione di el-Eqabiya avrebbero ammesso che «non essere stati violentati è l’eccezione». Ma sono i prigionieri politici, in particolare gli uomini sospettati di avere informazioni riservate, a soffrire prima di tutti delle angherie dei poliziotti. Amnesty International ha riferito di casi di violenze con bastoni bollenti ed elettroshock ai genitali o minacce di violenze a membri della famiglia contro le centinaia di attivisti egiziani di ogni schieramento politico in prigione.

Le violenze vengono perpetrate indiscriminatamente ai checkpoint, nei metro, agli ingressi delle università, negli ospedali, in impianti sportivi e all’interno delle case. Il report dimostra che con l’ascesa al potere di al-Sisi le violenze contro le donne sono aumentate anziché diminuire. Proprio lui, l’uomo dei test della verginità dell’8 marzo 2011 contro 17 manifestanti in piazza Tahrir, nonostante i proclami e le accuse strumentali contro i Fratelli musulmani, ha trasformato una pratica in passato rara in abuso sistematico. Nelle ore seguenti alle manifestazioni di massa in Egitto, centinaia sono state le donne molestate pubblicamente. Molte ong hanno puntato il dito contro polizia, militari e islamisti tutti impegnati a fermare le contestazioni.

I primi a subire torture e violenze sono i Fratelli musulmani e l’ex presidente Mohamed Morsi che rischia di vedere da un momento all’altro eseguita la condanna a morte a suo carico. Secondo la stampa vicina agli islamisti, il leader dei Fratelli musulmani potrebbe presto essere estradato in Turchia, su questa evenienza sarebbero in corso colloqui tra il presidente al-Sisi e il suo omologo turco Recep Tayyp Erdogan, uno dei più duri critici del golpe del 2013. I rischi per gli islamisti sono ancora più gravi dopo il golpe giudiziario dell’ex capo del club dei giudici, l’anti-Fratelli musulmani, Ahmed al-Zend, che ha scalato i vertici della magistratura egiziana, come ha fatto al-Sisi nell’esercito, per diventare il nuovo ministro della Giustizia.

Subito dopo la sua nomina, la scorsa settimana sei giovani islamisti sono stati impiccati dopo essere stati condannati a morte per aver partecipato ad azioni eversive nel Sinai dove operano i jihadisti di Beit al-Mekdisi. Alcuni di loro erano minorenni o si trovavano già in prigione quando il reato è stato commesso. Dopo l’esecuzione la Corte amministrativa del Cairo ha chiesto di fermare l’esecuzione dei sei ma la condanna era stata già eseguita.