Il mese scorso il ministro israeliano Yuval Steinitz non esitò ad accusare di «antisemitismo» la collega svedese degli esteri Margot Wallstrom che aveva chiesto una indagine su sospette «esecuzioni extragiudiziali» di palestinesi, in riferimento all’uccisione sul posto, da parte di militari e polizia, dei responsabili di attacchi con coltelli, spesso solo tentati, a danno di israeliani. Wallstrom, che ha spesso criticato le politiche di Israele, è stata proclamata «persona non grata» e il premier Netanyahu ha difeso con energia la risposta data sino ad oggi dalle forze di sicurezza al «terrorismo palestinese» dopo l’inizio, lo scorso ottobre, dell’Intifada di Gerusalemme. A distanza di alcune settimane dallo scontro diplomatico tra Stoccolma e Tel Aviv, è lo stesso capo di stato maggiore israeliano, il generale Gadi Eisenkot, a dare credito ai sospetti della ministra svedese e alle critiche rivolte a Israele da diversi centri per i diritti umani. Parlando ieri a Bat Yam a un gruppo di future reclute, Eisenkot ha detto di essere contrario all’uccisione sommaria, sul posto, di palestinesi responsabili di attacchi. Le attuali regole d’ingaggio, ha detto, sono «soddifacenti e corrette». Le truppe, ha aggiunto, «possono agire solo se c’è pericolo di vita». A un ragazzo che gli chiedeva la sua opinione sulla risposta appropriata da dare agli attacchi a danno di israeliani, il capo di stato maggiore ha risposto che «L’Esercito non può agire per slogan del tipo ‘se qualcuno vuole ucciderti, uccidi tu per primo’ o ‘chiunque porti delle forbici dovrebbe essere ucciso’…Non voglio vedere un soldato svuotare il suo caricatore su ragazzine con le forbici».

Eisenkot si è riferito all’uccisione al mercato di Mahane Yehuda (Gerusalemme), lo scorso 23 novembre, di una 16enne palestinese, Hadil Awwad, e al ferimento di sua cugina 14enne, Norhan Awwad. Le due ragazzine, del campo profughi di Qalandiya, dopo aver ferito con delle forbici un anziano palestinese (evidentemente scambiato per israeliano) furono affrontate dalle guardie di sicurezza schierate nella zona che spararono a distanza ravvicinata e ad altezza d’uomo uccidendo una delle due palestinesi. Nelle immagini dell’accaduto riprese da una telecamera di sorveglianza, si vede una delle guardie che si avvicina ad Hadil Awwad, a terra, forse già morta, e spara numerosi colpi per finirla. Il filmato fece il giro delle rete suscitando sdegno e interrogativi. Invece per le autorità e gran parte dell’opinione pubblica di Israele il comportamento delle guardie sarebbe stato ineccepibile e adeguato alla minaccia rappresentata dalle due adolescenti palestinesi. Circa un mese prima dell’accaduto a Mahane Yehuda, Amnesty International aveva condannato le «esecuzioni extragiudiziali» di palestinesi responsabili di attacchi con coltelli. Dallo scorso ottobre una trentina di israeliani e circa 170 palestinesi sono stati uccisi, molti dei quali adolescenti.