E’ difficile definire in modo univoco cosa sia un hacker. Hacking è un’attitudine e l’hacker viene definito dai suoi comportamenti, è qualcuno che vuol mettere alla prova le proprie capacità riguardo sistemi informatici, reti telematiche computer, cellulari, superando le limitazioni predefinite per l’utilizzo di macchine e software. Questo è l’hacking e poche volte ho incontrato persone più gentili, collaborative e stimolanti dei pericolosi hacker. Il nome su i documenti dell’organizzatore della serie di conferenze di HOPE è Eric Corley ma è molto più conosciuto con il nome che si è scelto: Emmanuel Goldstein, citaione da 1984 dove Emmanuel Goldstein è l’arci nemico a cui viene dedicata l’ora d’odio. Emmanuel è uno degli hacker più conosciuti del mondo, non solo per le sue capacità tecniche ma per una serie di ragioni che a metterle in fila compongono una lista abbastanza lunga. `E colui che ha creato di fatto la comunità hacker americana, ha redifinito il concetto di hacker rivendicandone la semantica positiva, è un grande divulgatore non solo di tecniche ma di pensiero etico e sostenitore di diritti civili digitali e non. Emmanuel Goldstein ha capito molto prima che fosse di moda che l’essere digitale e l’essere fenomenico coincidono, che il diritto alla privacy era in pericolo e che è un diritto importante da difendere come l’autodeterminazione in materia di gestione ed utilizzo degli strumenti, quando il tema della protezione dei propri dati era un argomento caro solo ad una stretta nicchia di persone considerate dai più dei poveri paranoici, lui ne faceva una bandiera e sensibilizzare quanta più gente possibile era la sua missione. Questo perché Emmanuel è un grande comunicatore, cosa che ha in comune con pochi altri hacker che, come da tradizione ed immaginario collettivo, solitamente hanno limitate capacità di interazione. Emmanuel Goldstein no e le ha sempre esercitate, il suo mezzo espressivo preferito è sempre stata la radio alla quale si è avvicinato da universitario nel ’83 su WUSB con Chatterbox, un programma settimanale di due ore incentrato su i temi a lui cari. Il 12 ottobre 1983, nel bel mezzo della trasmissione, la stazione radio viene perquisita dal FBI come parte di un’ indagine nazionale su la pirateria informatica. A Chatterbox segue un radio dramma, Shadow Over Long Island (Ombra su Long Island) ispirato a la Guerra dei Mondi, si parla di un incidente in una centrale nucleare a Long Island e il conseguente caos che ne consegue. All’epoca della trasmissione la sicurezza nucleare era un argomento molto controverso ed era prevista l’apertura di un impianto in quella zona. Il dramma radiofonico è stato replicato spesso ed è stato l’origine della sua seconda trasmissione continuativa, Brain Dammage, trasmissione tra il microfono aperto e la diretta, contenente gli argomenti più disparati, da estratti di radio Mosca alla lettura del menu della mensa universitaria da parte della caposala della mensa, esperimenti di ingegneria sociale (Confuse the Operator) e racconti degli ascoltatori. Si arriva così alle due trasmissioni radiofoniche ancora in onda, Off The Wall, sempre su WUSB, ogni martedì sera e la seguitissima Off The Hook trasmessa ogni mercoledì da WBAI dal 1988 seguita e partecipata da ascoltatori che chiamano da tutto il mondo seguendola in livestream. Alle produzioni radiofoniche si affianca la pubblicazione della rivista 2600, The Hacker Quarterly, nata nel 1984 e tutt’ora in edicola. La rivista 2600 contiene gli stessi elementi: sicurezza, tecnologia, privacy e, come le trasmissioni radiofoniche, richiede la collaborazione attiva di chi ne usufruisce, i lettori sono invitati a collaborare e scrivere, proporre argomenti e questo porta alla formazione di una comunità hacker americana che si riconosce in 2600 e che partecipa alla discussione anche durante i meeting, incontri mensili di discussione e confronto, prima nella sola New York ed in seguito diffusi in alte città americane e poi in mezzo mondo. Dalla rivista 2600 nascono due libri, The Best of 2600 del 2008 e Dear Hacker, Letters To The Editor Of 2600, del 2010 Questa sovraesposizione mediatica ha reso Emmanuel Goldstein un punto di riferimento, quando nel 1995 Kevin Mitnik viene arrestato e condannato per aver bucato i sistemi informatici di grandi società grazie ai bug dei loro sistemi informatici, contribuisce alla nascita del movimento Free Kevin e produce e dirige il documentario Freedom Downtime per raccontare come sono andate veramente le cose, al di là della propaganda anti hacker. L’arrestoo di Mitnik avviene l’anno successivo la prima edizione di HOPE. In questi anni di attività, l’arrivo del FBI durante la sua trasmissione radiofonica, non è stato l’unico incontro di Goldstein con le forze dell’ordine e la legge. Nel ’94 Emmanuel è accusato di aver violato il Digital Millenium Copyright Act, avendo pubblicato e diffuso il codice DeCSS necessario per leggere i DVD usando il sistema GNU/Linux. In quella occasione fu difeso dalla Electronic Frontier Foundation, la MPAA (Motion Picture Association of America) perse la causa grazie alla testimonianza volontaria di un professore di informatica traducendo in inglese il codice scritto in linguaggio Perl, dimostrò che vietarne la pubblicazione avrebbe significato limitare la libertà di parola. Se in quel caso Goldstein ha attraversato un processo senza essere condannato, nel 2004 le cose sono andate diversamente durante le manifestazioni di protesta newyorchesi svoltesi contro la convention repubblicana per le elezioni del presidente (poi vinte da Bush). In quella giornata di protesta sono avvenuti centinaia di arresti nei confronti di manifestanti pacifici, uno di questi è stato lo stesso Goldstein che si è ritrovato in un arresto di massa nonostante si fosse presentato ai poliziotti come giornalista. Trasportato con gli altri in un container adibito a prigione provvisoria è rimasto rinchiuso per due giorni, ma all’inizio della detenzione è riuscito, avendo nascosto uno dei suoi telefonini prima di doversene liberare, a chiamare la radio con cui collabora, WBAI, e fare una diretta dall’interno della prigione improvvisata. Quella esperienza ha prodotto anche un racconto emozionante e dettagliato su le dinamiche dell’evento e le ripercussioni nei giorni successivi alla scarcerazione, pubblicato sul sito di 2600 così come anche i racconti dei suoi viaggi, spesso epici, come il giro del mondo via qualsiasi mezzo di locomozione senza mai prendere l’aereo, durato mesi duranti i quali non ha mai smesso di seguire la pubblicazione di 2600 e produrre due trasmissioni radiofoniche ogni settimana, anche a costo di farlo spedendo i contenuti via un cellulare gsm tenuto fuori il finestrino della transiberiana.