Monster Hunter Generations, il quinto capitolo della saga venatoria fantasy di Capcom, ha il valore compendiario di un’enciclopedia mostruosa e l’utilità etologica e naturalistica di un immane bestiario. Uscito per la portatile 3DS di Nintendo, questo nuovo episodio di una serie dal successo stellare in Giappone e recentemente apprezzata anche in occidente, è da intendere quindi come un riassunto e una conclusione, perché è probabile che gli autori del videogame stiano lavorando a qualcosa di nuovo e innovativo con cui rivoluzionare Monster Hunter. Senza intaccarne l’anima della serie, c’è da augurarsi, perché Generations ribadisce i punti di forza di un gioco di ruolo d’azione che nessun’altra opera d’epigone è riuscita ad eguagliare: il fascino naturalistico di un ecosistema unico, fantasticamente plausibile, e un valore ludico che può intrattenere il giocatore anche per centinaia di ore (da solo oppure in compagnia di altri tre cacciatori) grazie al bilanciamento perfetto tra l’azione di epici combattimenti contro spaventose creature, la strategia e l’esplorazione di vaste regioni selvagge.
Tuttavia nella sua dimensione celebrativa, Monster Hunter Generations propone alcune variazioni che, sebbene non siano drastiche, rendono fresca l’esperienza differenziandola dal quarto, eccezionale episodio. C’è l’introduzione delle arti e degli stili di caccia che trasformano la caccia in un evento ancora più coinvolgente, garantendo atteggiamenti difensivi e offensivi inediti dall’esito talvolta davvero spettacolare; inoltre la costruzione delle armi risulta più complessa, varia e profonda. Persino il pranzo, attività fondamentale prima della caccia ai fini di ottenere importanti miglioramenti delle proprie statistiche, richiede un atteggiamento tattico più ragionato grazie alla presenza di numerose salse da aggiungere alle cibarie scelte. Per chi desidera imparare a giocare, c’è la possibilità di andare a caccia con facilità nei panni di un simpatico Felyne, gatto antropomorfo. Mancano purtroppo i notevoli e «documentaristici» filmati introduttivi dedicati alle creature, sebbene almeno l’apparizione dei quattro nuovi mostri principali sia preludiata da segmenti non interattivi realizzati con l’usuale maestria. Anche la narrazione di una trama, elemento importante nel quarto episodio, qui è cosa secondaria, ma è così tanto e vario il divertimento che dopo poche decine di minuti il giocatore comincia ad inventarsi le proprie personali storie e mitologie.
Ambientato in quattro villaggi diversi, tre dei quali già frequentati nei passati episodi, come l’esotico Yukumo con la sua vaporosa vasca per i pediluvi o l’algido Pokke sulle cime montane, Monster Hunter Generations, come da tradizione, non ci fa solo lottare ad armi pari contro bestioni immani per ricavarne cibo o risorse e per garantire la sopravvivenza dell’ecosistema e degli avamposti umani. Durante missioni più contemplative cerchiamo erbe e funghi rari, ci fermiamo a pescare nei pressi di laghi e torrenti, raccogliamo insetti con un retino, picconiamo rocce in cerca di minerali, mai assordati da una colonna sonora invadente, che lascia invece lo spazio ad un tardo-romantico «naturlaut», il suono della natura.
Sempre epici e lunghi gli scontri con i mostri, anche se questa volta nella modalità per giocatore singolo risultano più elementari e conviene giocare in solitaria quelli intesi per la cooperazione, ai fini di sperimentare una caccia davvero ostica. Le decine di mostri del più elaborato ecosistema mai ammirato in un videogioco, le chimere ispirate ai dinosauri, i draghi leggendari, i primati abnormi, i gargantueschi volatili e gli elefantiaci mammiferi zannuti, sono il cuore palpitante e animale di Monster Hunter, una serie nella quale è evidente e dichiarata l’antipatia degli autori per l’inutilità sanguinaria di una caccia intesa come «sport».
Qui la caccia è una spietata necessità, una severa maestra che ci educa a non sprecare mai nulla, non solo per sopravvivere ma per rispetto verso la natura. Poiché anche se si tratta solo del misero resto delle scaglie di un rettile abnorme, del letame territoriale di un gorilla gigante o della maestosa pinna caudale di un Malfestio, in questo selvaggio mondo virtuale ogni cosa ha la sua utilità per continuare a muovere la ruota della vita.