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Da Verona a Berlino (Est) via Buenos Aires torna a galla la vocazione poetica di Alberto Tomiolo, che nel 1962 fu protagonista di una clamorosa azione anti-franchista e poi si è speso fuori e dentro l’aula del consiglio regionale per l’alternativa «rossoverde» nel Veneto dei poteri marci. È fresco di stampa Alias (Campanotto Editore, pp. 102, euro 15), raccolta corredata di illustrazioni virate seppia che porta a compimento una originale trilogia del viaggio. Si apre con una sorta di epitaffio al mito di Ulisse («riposa in pace / grande imbonitore dei manuali di tutte le letterature») e si chiude quasi algebricamente («ciascuno è l’uno / l’infinito è la strofe della pagina bianca»). «Le poesie di Tomiolo trattengono le irradiazioni di una stagione letteraria europea di cui cominciamo a sentire la preziosità, l’impegno, l’ansia civile ora che è in dubbio la sopravvivenza del suo stesso ricordo, la sua capacità di formare una società civile» sottolinea Vincenzo Cioni nella nota che accompagna le «poesie dal capolinea».

Davanti alla stele di Heiner Müller dove l’omaggio di un sigaro è perenne, scatta l’interrogativo: «quale umano poema potremmo comporre /sistemico, complice, casualmente ragguardevole / e guardia giurata – comunque – del nostro appurato Dasein?». E Tomiolo regala anche un controcanto al gatto di Wislava Szymborska: «attendo io, ora, la frusciante melodia del passo curioso regale / annunciato dalle vibrazioni di quell’armonico diaframma, / la coda arricciata in punta cui si deve, noi uomini lo dobbiamo / riconoscere, il segno interpuntivo dell’interrogare».
È il viaggio che si fa poesia, al di là del consumo di tempo. Con l’eco costante di un destino segnato che tuttavia non cancella «il lavoro critico» con cui Tomiolo ha attraversato filosofia e teatro, la traduzione di Nizan e le elegie della neo-avanguardia prima di votarsi alla politica. E ritornare, inevitabilmente, al verso più pieno della vita.