Una manifestazione di protesta a Roma organizzata dai giornalisti freelance l’8 luglio sotto la sede del sindacato , la Federazione nazionale della stampa, per chiedere il ritiro dell’accordo sull’equo compenso. Un referendum sul nuovo contratto nazionale firmato dal sindacato con gli editori della Fieg da svolgere nelle associazioni della stampa e nelle redazioni.

Un appello per il referendum è stato già firmato da giornalisti come Riccardo Iacona, Milena Gabanelli, Fiorenza Sarzanini o Marco Imarisio. A giorni verrà presentata un’interpellanza al presidente del Consiglio Renzi, primo firmatario Adriano Zaccagnini (ex M5S, ora nel gruppo misto), che, tra l’altro, chiede il ritiro della delibera «perchè anticostituzionale e contraria ai principi della legge sull’equo compenso». Sabato 5 luglio a Roma si terrà un’assemblea nazionale «per porre le basi di un nuovo sindacato».

Sono le iniziative annunciate ieri alla Camera in una conferenza stampa convocata dai freelance alla quale hanno partecipato, tra gli altri, il presidente dell’ordine dei giornalisti Enzo Iacopino e il segretario dell’associazione stampa romana Paolo Butturini.

«Credo – ha detto Iacopino – che il primo nemico che i giornalisti abbiano oggi si ritrovi nel gruppo dirigente della Fnsi. Non nel sindacato in generale, di cui c’è bisogno, ma nei dirigenti attuali perché hanno fatto una cosa che con la tutela dei colleghi non ha nulla a che vedere». Immediata reazione del segretario generale della Fnsi Franco Siddi: «Parlare senza documentarsi è peccato mortale – ha detto Siddi – Nell’accordo nessun diritto è stato leso. Se ne sono aggiunti altri a tutele crescenti, dove non ce n’erano, e a salvaguardia degli istituti della categoria, della previdenza per giornalisti Inpgi. La disinfomatia è un peccato mortale».

Il sindacato dei giornalisti italiani si spacca mentre si moltiplicano le voci su azioni giudiziarie e i Cdr di varie testate hanno espresso pareri negativi sull’accordo. Per i dipendenti il contratto introduce nuove tipologie di assunzioni, come il salario di ingresso, che abbassano le tutele di chi è alle prime armi e di chi è rimasto senza lavoro. La miccia che ha fatto esplodere la rivolta è stata l’intesa sull’equo compenso.

Per l’Fnsi introduce i precari nell’ambito di un contratto nazionale. Per i precari fotografa la realtà dello sfruttamento. La delibera firmata dal sottosegretario Lotti quantifica il contributo minimo in 250 euro al mese, 20 euro lordi ad articolo per un quotidiano. Non conta l’argomento, il taglio, la lunghezza di un’inchiesta sulle mafie, una cronaca sportiva o un reportage dall’estero: la paga ritenuta equa per 144 articoli all’anno è di 250 euro al mese per articoli minimo da 1600 battute, per i periodici 1800, 7 mila per i mensili. Una riga di meno e non si rientra nell’equo compenso.

Se il collaboratore scrive da 145 a 288 articoli verrà pagato il 60% di 250 euro. Scrivendo notte e giorno, Natale e Ferragosto compresi, da 289 a 432 articoli, potrebbe ricevere il 50% di 250 euro. Da qui le critiche di «incostituzionalità» al contratto, di lesione del diritto ad essere informati e alla libertà di lavorare per informare. Più lavori, meno vieni pagato. In questo modo, rischia di lavorare solo chi può permettersi di guadagnare 250 euro minimi al mese.

Per l’associazione XX maggio l’accordo vale solo per i contratti di co.co.co. Secondo i dati Inpgi 2011 a 11.363 giornalisti su 47.727, tra i quali ci sono i pensionati che continuano a lavorare con questa modalità. Il compenso minimo non verrà applicato se non si percepisce un compenso da attività giornalistica inferiore ai 3 mila euro all’anno.

Secondo i dati del rapporto sulla libertà di stampa, diritto all’informazione (Lsdi) il 48,9% dei giornalisti autonomi nel 2012 aveva un reddito inferiore ai 5 mila euro e il 18,7% ai mille. Con la crisi è probabile che questa media sia inferiore ai 3 mila euro. La platea a cui si applica l’accordo si riduce così a 7.954 giornalisti. Per chi, infine, lavora con la partita Iva o con la ritenuta d’acconto per avere 250 euro al mese deve avere lavorato per lo stesso committente 8 mesi all’anno per 2 anni e il suo guadagno deve rappresentare l’80% dei corrispettivi annui.

Infine, l’accordo sull’equo compenso si applica solo agli editori che ricevono i contributi per l’editoria. Il nuovo contratto giornalistico ha un valore politico importante perché applica, per la prima volta, la legge Poletti sui contratti a termine «acausali» di 36 mesi in un contratto nazionale e introduce la figura dell’«apprendistato professionalizzante».