Due ruoli, due personaggi e una sola attrice: Irène Jacob, la protagonista di La doppia vita di Veronica notata da Krysztof Kieslowski per la sua breve parte in Arrivederci ragazzi di Louis Malle. Il nome dell’attrice francese è poi rimasto indissolubilmente legato a quello del regista polacco scomparso venti anni fa – con cui ha girato anche Tre colori: Film rosso – quanto quelli dello sceneggiatore Krzysztof Piesiewicz e del compositore Zbigniew Preisner, anche autore dopo la morte del regista di un Requiem a lui dedicato.

«Come Jean Pierre Leaud è sempre invitato a parlare di Truffaut, o Anna Karina di Godard ora che lui non interviene più in pubblico, a me viene chiesto di ricordare Kieslowski», dice infatti Jacob che si trova a Roma proprio per la retrospettiva dedicata al regista del Decalogo in occasione del ventennale della sua scomparsa.
L’incontro si è tenuto all’Istituto Polacco di Cultura di Roma, dove al fianco dell’attrice francese ci sono, tra gli altri, Pippo Delbono – che l’ha diretta nel suo Amore carne – e il critico cinematografico polacco Tadeusz Sobolewski, coetaneo di Kieslowski e anche interprete di una piccola parte nel suo Il cineamatore, del 1979.

Era invece il 1991 quando nelle sale uscì La doppia vita di Veronica: «La prima coproduzione franco-polacca e quindi il film che ha inaugurato l’apertura delle frontiere cinematografiche della Polonia», ricorda Irène Jacob a proposito del titolo che ha segnato il suo incontro – «determinante» – con Krzysztof Kieslowski e grazie al quale ha vinto il premio come miglior attrice al Festival di Cannes.
Durante le riprese di quel film lei e il regista si incontravano tutte le sere «per discutere le scene da girare il giorno seguente».
«Lui osservava i gesti che facevo – racconta Jacob – anche le cose più semplici come toccarmi il viso con il bicchiere pieno di acqua fresca quando ero accaldata, e mi chiedeva di ripeterli nel film. Ancora oggi mi ritrovo a pensare ai miei gesti e a come potrei riprodurli nei film che interpreto».

Tra le indicazioni che Kieslowski le dava per i due personaggi da lei interpretati c’era anche quella di elaborare due vocabolari distinti, due diversi modi di esprimersi per Véronique e Weronika.
Secondo Jacob, il metodo del regista polacco con gli attori era molto innovativo, tanto da cogliere di sorpresa Jean-Louis Trintignant, protagonista insieme a lei di Film rosso: «Teneva sempre la macchina da presa vicinissima agli interpreti, ci toccava spesso e in generale aveva un modo molto fisico di rapportarsi a noi. Pensava che il regista dovesse prendere parte alla scena che stava girando, esserne lui stesso un attore».
Il lavoro di Kieslowski non era innovativo solo per quanto riguarda gli interpreti: Iréne Jacob parla anche del suo modo di concepire le colonne sonore dei film – «per lui la musica era il punto di partenza da cui scaturiva tutto il resto» – e della sua abitudine di cambiare costantemente il direttore della fotografia. «Diceva che lavorare sempre con lo stesso sarebbe stato come usare un solo attore in ogni film».

Con il suo «cinematographer» aveva però un dialogo continuo, tanto che la scena finale di Film rosso – in cui l’espressione del volto di Jacob nei panni della modella Valentine riecheggia quella che aveva in un cartellone pubblicitario – nacque da un’idea del fotografo Piotr Sobocinski, ricorda l’attrice.
La ragione principale per cui Kieslowski girava film non era però la sperimentazione, conclude Jacob: «Lui voleva far sentire le persone meno sole».