Con un nuovo rifiuto del governo turco di ritirare le sue truppe, si è conclusa venerdì a Ginevra la conferenza internazionale per la riunificazione di Cipro. Il nord dell’isola è sotto occupazione militare turca fin dal 1974 ed è da quella data che il governo di Nicosia tenta la strada diplomatica per convincere Ankara a farsi da parte.

Lo stesso scenario, con poche varianti, si è ripetuto anche questa volta. I colloqui tra il presidente della Repubblica di Cipro Nikos Anastasiades, in rappresentanza della maggioranza greca (82%) da una parte, e il leader turco-cipriota Mustafa Akinci (18%) dall’altra, sono iniziati due anni fa sotto l’egida delle Nazioni unite. Fin dall’inizio erano stati salutati, con retorica forse eccessiva, come l’ultima chance per riunificare l’isola.

L’ipotesi di unificazione su cui si lavora prevede un assetto federale: un land / stato per i greci e uno per i turchi. A Ginevra per la prima volta si sono viste le mappe dei rispettivi desideri. La parte turca è scesa dall’attuale 36,7% al 29,2% del territorio dell’isola. Famagosta, ora città fantasma trincerata, sarà restituita agli abitanti greci.

Anastasiades avrebbe voluto anche la città di Morfou, ma sulla mappa non c’era.

Tutto il resto rimane da discutere. Ankara ritiene «estinta» la Repubblica di Cipro e chiede che l’assetto federale configuri uno stato del tutto nuovo. I greco- ciprioti sono invece fortemente aggrappati al loro riconoscimento internazionale, considerato, non a torto, come l’unica difesa di fronte al problematico (e bene armato) vicino.

Akinci vorrebbe l’alternanza al governo tra un presidente turco e uno greco.

Per ottenerla però il leader turco-cipriota deve dimostrare la sua autonomia da Ankara, visto che a Bruxelles molti già si preoccupano dell’eventuale presidente di uno stato membro che sia fedele esecutore dei comandi del Sultano.

Proprio l’appuntamento di Ginevra era stato imposto con grande insistenza da Erdogan, in modo da discutere due questioni cruciali: la presenza di più di 30 mila soldati turchi sull’isola e il ruolo di «garante» che il trattato di indipendenza di Cipro dall’impero britannico attribuisce a Londra, Atene e Ankara.

Tutti e tre i paesi garanti erano presenti a Ginevra, a livello di ministri degli esteri. Con loro anche il nuovo segretario generale dell’Onu Guterres, al suo primo impegno di un certo peso; presente anche Juncker, in funzione di osservatore, e Federica Mogherini.

Tutti, eccetto Ankara, ritengono che quel trattato sulle garanzie, risalente nel lontano 1960, sia obsoleto e anche pericoloso: nel 1974 i turchi giustificarono l’invasione proprio in base al ruolo di «garante» che era stato loro riconosciuto.

Ora Atene e Londra sono pronte a rinunciarci. Anche Akinci, eletto nel 2015 su una piattaforma progressista ed europeista, avrebbe dovuto essere il primo a non volere condizionamenti da parte di Ankara. Invece ha seguito la strada di tutti i suoi predecessori, allineandosi pienamente con la «madrepatria turca». Un po’ perché i conti della spesa nei territori occupati li paga per intero la Turchia. E un po’ per quella subalternità storica verso i «fratelli d’oltremare» che ha segnato a lungo tutti gli abitanti dell’isola. La comunità greca se ne è liberata da decenni e gestisce i suoi affari senza permettere la minima interferenza da parte di Atene.

Anche a Ginevra le posizioni del presidente di Cipro e quelle del ministro degli esteri greco Kotzias non sempre coincidevano e talvolta ci sono state anche scintille.

I turco- ciprioti invece hanno mostrato finora enormi difficoltà ad affermare la loro indipendenza.

L’ostinazione del ministro degli Esteri turco Çavusoglu ha provocato anche la reazione dell’«osservatore» Juncker, che, a sorpresa, ha preso il microfono e gli ha gridato: «Venite da noi a chiedere soldi ma qui non siete disposti a concedere nulla».

Il comunicato finale della conferenza riconosce la scarsità di risultati ma ribadisce che i negoziati continueranno. Il prossimo incontro si terrà il 18 gennaio e sarà a livello di esperti, per approfondire proprio gli spinosi capitoli riguardanti «sicurezza» (cioè esercito turco) e «garanzie».

Evidentemente agli esperti è stato affidato il compito di tenere in vita le trattative. E questo è già un risultato.
Al testo del comunicato manca qualsiasi riferimento alla Repubblica di Cipro come stato membro dell’Onu e dell’Unione Europea.
Una piccola concessione per ammorbidire Ankara che ha suscitato le ire dell’opposizione cipriota e la delusione di Atene. Già a poche ore dalla conclusione della conferenza, Erdogan si è scatenato: ha ribadito che o si fa quello che vuole lui oppure l’esercito turco «rimarrà per sempre» a Cipro. Ha accusato i greci di «non volere affrontare la realtà», cioè l’occupazione, e ha minacciato di estendere il suo controllo anche su altre parti della Repubblica di Cipro. In altre occasioni aveva minacciato di annettere la parte occupata dell’isola.