Niente, ferma la conta dei morti. Ogni settimana è uno strazio per Casale Monferrato. All’indomani della sentenza della Cassazione, sono decedute altre due persone a causa del mesotelioma. È una spoon river infinita. La notizia arriva all’inizio dell’assemblea cittadina, nel Teatro Tartara strapieno. Non ci si abitua mai alla morte, nemmeno in guerra. «Sono molto arrabbiato. Per fortuna non sono andato a Roma, altrimenti non so come avrei reagito», racconta Pietro Condello, per 20 anni operaio dell’Eternit. Occhi lucidi: «Temo per la mia vita, come tutti a Casale».

La città piemontese – dopo migliaia di morti e la bocciatura della Corte Suprema – non si arrende. «Non riesco a sentire che abbiamo perso. Andando a Roma avevo tanta paura, ma quel criminale di Stephan Schmidheiny non ha vinto completamente, non vincerà mai», esordisce Romana Blasotti, presidente dell’Afeva. «Lo svizzero – aggiunge – non potrà mai venire da noi a dire di essere innocente. Con il processo di Torino abbiamo veramente sconvolto il mondo». Ed è il sindaco Titti Palazzetti a lanciare il nuovo obiettivo: «In questi giorni sento meno orgoglio a portar la fascia tricolore, ma ora la lotta prosegue. Cercheremo di andare avanti e arrivare alla Corte europea di Strasburgo».

La prescrizione non ferma la voglia di riscatto di Casale, Rubiera, Bagnoli e Cavagnolo. E di tutti quei luoghi dove i signori dell’amianto hanno mietuto vittime, senza pagarne le conseguenze. In Italia e in giro per il mondo. «Dopo la sentenza di Cassazione siamo molto arrabbiati. Il nostro obiettivo sarà portare avanti la lotta e rendere la vita di Schmidheiny un inferno». Sono parole di Fernanda Giannasi, ingegnere, a capo della delegazione brasiliana giunta in Italia per seguire il processo e incontrare il pm Raffaele Guariniello. In Brasile, terzo produttore mondiale di amianto, la fibra-killer è vietata solo in sei stati su 27; negli ultimi 10 anni si sono registrati almeno 2.400 casi di mesotelioma.

Bruno Pesce, coordinatore della vertenza amianto, non riesce a trattenere le lacrime. «La sentenza Eternit – spiega durante l’assemblea – viola i principi fondamentali dei diritti umani». Le sue parole sono state chiuse da un lungo applauso. Tutti in piedi, anche il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, «Non mi aspettavo che un omicidio plurimo continuato potesse andare prescritto. Ci si vergogna un po’ di essere cittadini italiani. Come Regione siamo a fianco della popolazione anche per consentire che la bonifica abbia tutte le risorse disponibili». Da Roma, il ministro dell’Ambiente ha annunciato che, dopo gli oltre 3 milioni di euro stanziati lo scorso settembre, il dicastero assegnerà a Casale, per la bonifica, 1 milione e 104 mila euro. Dopo l’assemblea, la città si è riversata in strada per la fiaccolata, 3 mila persone in marcia.

L’impunità per Schmidheiny stride con la realtà. Nei documenti raccolti nella complessa indagine dei pm torinesi Guariniello, Panelli e Colace emergono gli atti di due meeting informativi convocati dall’ex amministratore delegato, fra il giugno e il dicembre 1976, e rivolti ai massimi dirigenti della multinazionale Eternit. Sono la testimonianza dell’avvio della colossale strategia di disinformazione di Schmidheiny, ai fini di influenzare l’opinione pubblica e continuare la lavorazione del cemento-amianto. Rivelò la micidiale cancerogenicità dell’amianto, ma ammonì i dirigenti scioccati: «Non si cada ora in forme di panico». I pm hanno svelato l’esistenza del Manuale Auls 76, contenente le istruzioni per i dirigenti, in cui si legge: «Ci rendiamo conto che il rischio potenziale nei confronti della salute viene usato da molti come motivo base per poter screditare l’amianto in maniera decisamente esagerata, non fattiva e particolarmente prevenuta. Dal momento che questa diffamazione può mettere a repentaglio l’esistenza della nostra industria, dobbiamo reagire in maniera decisa e dobbiamo combattere con tutti i nostri mezzi». Ai vertici della multinazionale interessava non fermare il business: «L’amianto – compare nei documenti – può rappresentare un serio pericolo per la salute se viene trattato in maniera scorretta». Falso. Il «manuale», secondo i magistrati torinesi, manifestava consapevolezza dei rischi, ma anche la loro minimizzazione, perché i veri problemi per la salute, nonostante gli esiti delle ricerche scientifiche, non erano presi in esame.