Pianeti con orbite differenti non si sono intercettati ieri all’Eurogruppo a Bruxelles. Il giorno dopo il risultato del referendum italiano, i partner dell’euro hanno detto all’Italia che deve prendere «le misure necessarie per rispettare nel 2017 il Patto di stabilità». Per l’Eurogruppo, ora più che mai «la manovra è a rischio» e saranno necessarie «misure addizionali significative». Per addolcire la pillola, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha affermato che «è impossibile pretendere correttivi ora, aspettiamo il prossimo governo».

La Commissione aveva teso la mano a Renzi, congelando l’analisi del budget italiano, rimandata all’inizio del prossimo anno. Un gesto che non è però servito a condizionare il Referendum, che ha avuto un risultato che molti ora interpretano come anti-Ue.

 

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L’assenza di Pier Carlo Padoan all’Eurogruppo (sostituito dal direttore del Tesoro) non ha aiutato a ottenere una boccata d’aria (anche se il ministro italiano ha avuto contatti telefonici con i partner). Così, il contatore si è di nuovo azzerato, con la prospettiva che tornino in ballo i 5 miliardi di correzione, mantenendo però «una più piccola ma significativa deviazione dagli aggiustamenti», ha precisato Dijsselbloem, dovuta ai maggiori costi per i rifugiati e il terremoto.

Il problema è che anche i partner hanno le elezioni e devono tener conto delle volontà degli elettori. Il ministro tedesco, Wolfgang Shaüble, è soprattutto preoccupato per la stabilità delle banche italiane: «C’è urgente bisogno di un governo» in Italia, ha detto, aggiungendo che «non c’è nessun motivo di temere una crisi dell’euro dopo il referendum» (anche se nelle ore che hanno seguito il risultato la moneta europea è calata).

Ieri, tutti hanno ripetuto all’unanimità le parole di un portavoce della Commissione: «Il referendum non è una minaccia per la stabilità della Ue, ma le riforme devono continuare». Per il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, l’Italia «è un paese solido con autorità solide, e ho assoluta fiducia nella capacità a far fronte alla situazione». Il ministro francese, Michel Sapin, è convinto che non ci sia «nessun rischio sistemico in Italia». Ma per i ministri delle Finanze Ue, l’alto livello del debito italiano (133% del pil) «resta un motivo di preoccupazione». Così, continuano a venire richieste delle privatizzazioni, per poter poi utilizzare i proventi per rispettare il Patto di stabilità. Resta inoltre il timore sulle banche, sette sono in serie difficoltà, hanno bisogno di ricapitalizzazione, mentre il clima di incertezza non attira i capitali (e li fa fuggire).

In questo clima l’Eurogruppo ha respinto la proposta della Commissione sull’espansione dei budget. Un progetto che dovrebbe riguardare per il momento gli stati che sono in equilibrio o addirittura hanno un avanzo, cioè Germania e Olanda – in entrambi i paesi ci sono elezioni nel 2017. La Commissione aveva calcolato un rilancio intorno ai 50 miliardi di euro in spese di bilancio supplementari, un’espansione dell’ordine dello 0,5%. Ma Berlino e Amsterdam non accettano. «Definire cifre e farne un obiettivo non è stato accettato dall’Eurogruppo», ha tagliato corto Dijsselbloem. Particolarmente scontenta la Francia, che naviga anch’essa in difficoltà politiche, con le dimissioni oggi del primo ministro Valls dopo il grande rifiuto di Hollande di riprensentarsi alle presidenziali e la minaccia di un ballottaggio alle presidenziali di primavera tra destra e estrema destra. Ieri, anche la Grecia ha fatto le spese del nervosismo causato dall’Italia.

La discussione sull’insostenibile debito greco è stata di nuovo evitata, così resta per aria la partecipazione dell’Fmi al programma.