Sono 78, selezionati tra il personale della Libyan navy coast guard e della Lybian navy. Da mercoledì sera si trovano a bordo di due navi, l’olandese «Rotterdam» e l’italiana «San Giorgio», impegnate nel Mediterraneo centrale con la missione europea Sophia. Saranno loro i primi militari libici ad essere addestrati dai colleghi europei per far parte della marina militare e della guardia costiera del paese nordafricano. L’addestramento prende avvio proprio nel giorno in cui al largo delle coste libiche si verifica l’ennesimo naufragio: un gommone con a bordo 126 migranti partito dalla zona di Garabulli, 60 chilometri a est di Tripoli, si è rovesciato a causa del maltempo e del carico eccessivo provocando la morte di 96 persone, tra le quali anche tre donne e un bambino. A darne notizia è stato il portavoce della Marina libica, Ayyoub Qasem, specificando che 29 migranti, originari di vari paesi africani, sono stati tratti in salvo. Almeno altri 51 migranti sono morti invece nel canale di Sicilia.

E’ stato il governo del premier Serraj a chiedere all’Unione europea di formare il personale per la nuova marina libica, cosa che è stata resa possibile solo quando con due diverse risoluzioni del 30 agosto e del 6 settembre, l’Onu ha autorizzato Eunavform ad addestrare personale libico e al contrasto del traffico di armi dirette in Libia (finora sono stati 97 gli interventi di questo tipo). Più in generale dal 7 ottobre dello scorso anno la missione ha salvato 29 mila migranti in acque internazionali, il 10% dei quali si trovava a bordo di imbarcazioni in difficoltà. Inoltre ha sequestrato o rese inservibili 337 imbarcazioni e consegnato alle autorità italiane 96 presunti scafisti. «Oggi gli scafisti non riescono ad uscire dalle acque libiche e non possono più recuperare le imbarcazioni di legno e i gommoni, stanno perdendo molto della loro logistica», ha spiegato ieri alla commissione Esteri e Difesa riunite il comandante della missione, l’ammiraglio Enrico Credendino.

Il corso che ha preso avvio ieri durerà 14 settimane e si svolgerà tutto in acque internazionali. Ai libici verranno spiegate tecniche di soccorso in mare e di contrasto a traffici illeciti, ma non solo. Un capitolo a parte riguarderà il rispetto dei diritti umani dei migranti e delle persone fermate in mare. E’ una parte importante dell’addestramento. Una settimana fa la Ong Sea Watch ha denunciato l’assalto di un gommone da parte di una motovedetta libica, assalto che ha provocato la morte di alcuni migranti. Per scongiurare (si spera) che in futuro episodi simili possano ripetersi, è previsto che Unhcr, Save the Children e Oim istruiscano i libici sul diritto internazionale umanitario e su come trattare donne e bambini.

Oltre a quello cominciato ieri, altri corsi sono previsti a terra, in basi messe a disposizione da Malta e Grecia e, sempre in acque internazionali, sui mezzi che verranno consegnate alla nuova guardia costiera: undici pattugliatori destinati controllo della frontiera marittima.

La missione europea entra dunque in quella che viene chiamata «fase 2a», in attesa di poter fare ingresso – sempre su richiesta del governo Serraj e dopo una risoluzione Onu – in acque territoriali libiche e, successivamente nei porti del paese nordafricano dal quale oggi parte il 90% dei migranti che arrivano in Italia. Addestrando i militari libici l’Europa punta dunque almeno a ridurre queste partenze, aumentando il controllo nelle acque del mediterraneo. Un compito che adesso vedrà anche aerei e navi della Nato affiancare la missione Sophia. Ad annunciarlo è stato il segretario generale Jens Stoltenberg. «Si tratta – ha detto – di un altro esempio di come Nato e Ue lavorino insieme per la sicurezza dell’Europa».