Se il numero è tutto, eccoci accontentati. Inutile girarci attorno, il candidato Giuseppe Sala sta superando piuttosto facilmente anche la prova di matematica. Era prevedibile. Lo dicono le cifre dei sondaggi – l’ultimo di parte, commissionato dal Pd, lo dà vincente alle primarie con il 50%, mentre Majorino e Balzani sarebbero appaiati al di sotto del 30% – e lo sottoscrivono anche i conti di Expo, l’unica vera questione che gli avversari continuano a rinfacciargli per cercare di metterlo in difficoltà. Come se un eventuale bilancio disastroso non coinvolgesse anche l’ormai ex giunta di Giuliano Pisapia nel suo complesso, come se l’ex ad di Expo avesse fatto e disfatto tutto da solo. Ma tant’è, tocca a lui in questi giorni giocare in difesa per dimostrare di essere “pulito”.

I numeri perfetti sono rari, proprio come gli uomini perfetti, ed è evidente che il bilancio di un evento complesso come l’Expo necessiterà di un’analisi più approfondita. Eppure queste cifre, anche se parziali, potrebbero bastare per disinnescare anche gli attacchi più pesanti di chi a sinistra si ostina a far finta di non capire che il candidato del partito della nazione pone un problema politico grande come una casa che non ha a che fare con la legalità e l’onestà. Eccoli i numeri (solo un preconsuntivo), li ha forniti ieri il manager durante una caotica seduta della commissione Expo a Palazzo Marino, alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia: 14,2 milioni di euro di patrimonio netto, ricavo totale che ammonta a 736,1 milioni di euro, di cui 373,7 dovuti alla vendita di biglietti (quelli emessi sono stati 21.476.957 per un costo medio di 17,4 euro).

“Credo che la società ha operato bene sotto la mia gestione – ha sintetizzato Sala – nel controllo dei conti nel corso degli anni e con tutti gli esercizi chiusi meglio del piano industriale: c’è da prendere atto di una sana gestione. In tutti i bilanci quello che conta è il patrimonio netto finale e il bilancio è in positivo anche se alla società Expo sono mancati il contributo della Camera di commercio di Milano, che doveva mettere 58,6 milioni di euro, e della Provincia di Milano per 7,4 milioni di euro”. Insomma, il bilancio sarebbe in attivo (anche se di poco). Tutto regolare? Probabilmente sì. Alla domanda più imbarazzante, Sala ha risposto che non ci sono stati altri casi di persone o società impegnate per Expo che poi abbiano lavorato anche per lui (ne è bastata una: l’architetto De Lucchi, che ha realizzato il Padiglione Zero e poi è stato chiamato da Sala anche per alcuni lavori nella sua villa in Liguria). “Illazioni”, si è offeso Sala. Sembra tutto regolare (pagamenti e fatture comprese), e forse poco elegante.

Da giorni gli avversari lo aspettavano al varco per la prova “trasparenza” sui conti, e ieri ci ha pensato il sindaco Pisapia a metterci quasi una pietra sopra: “Non sono preoccupato, mi sembra che emerga un livello di non passivo anche in prospettiva”. Giuseppe Sala promosso, a malincuore.

A parte il centrodestra che conta come il due di picche (anche in vista delle amministrative di giugno), solo il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo si è permesso di alzare la voce ritenendo poco esaustive le precisazioni di Sala: “Ma se il nostro prossimo sindaco dovrà chiedere i conti a Expo che cosa farà? Se lo chiederà allo specchi?”. A Rizzo non quadrano alcuni conti: “Soprattutto chiedo di sapere quanto il Comune ha investito nella società: mi risulta le abbiamo attribuito 161 milioni, chi ci ha guadagnato? Perché se i vantaggi sono stati solo per ristoranti, agenzie di viaggio e albergatori non va bene. Da un documento della Corte dei Conti del 2013 risulta che era previsto che Expo chiudesse con un patrimonio netto di 135 milioni: stiamo festeggiando il fatto che sono 14?”.

Nel frattempo, a conti fatti, la corsa per Palazzo Marino riserva anche divertenti sorprese. Vittorio Sgarbi ha detto che potrebbe candidarsi a Milano – fa ridere – e in rete circola una petizione per chiedere a Francesca Balzani e Pierfrancesco Majorino di trovare un accordo per una candidatura unica: questa un po’ meno.