Annunciato quasi un mese fa dal Guardasigilli Andrea Orlando e dal vice ministro Enrico Costa come frutto di un faticoso accordo interno alla maggioranza – ma che ha dilaniato anche le coscienze del Pd – l’emendamento governativo al ddl anti-corruzione è stato trasmesso ieri dal ministero di Giustizia ai Rapporti col Parlamento. E «presto», assicura Orlando, la ministra Maria Elena Boschi lo «presenterà in commissione Giustizia», al Senato, dove il ddl è all’esame.

Secondo quanto si apprende da via Arenula, nell’emendamento governativo – che ha ancora bisogno di limature e passaggi istituzionali tra i ministeri di Sviluppo economico, il Mef e quello di Giustizia, impegnati da settimane in un serrato confronto – il falso in bilancio tornerà, da contravvenzione com’è per effetto della legge Berlusconi, ad essere un reato. E con fattispecie perimetrata sul “pericolo” e non sul “danno”, il che vuol dire che per vedersi contestato l’illecito basterà la falsa comunicazione indipendentemente dall’esistenza di un danno patrimoniale. Sarà perseguibile d’ufficio e non più su querela, senza più soglie di non punibilità, con attenuanti previste per le condotte di particolare tenuità e con pene differenziate a seconda che si tratti di società quotate in borsa (da 3 a 8 anni di carcere) o non quotate (da 1 a 5).

In particolare però, per le società non quotate in borsa – che sono la maggior parte e non sempre sono piccole imprese, di tipo familiare – non sarà possibile utilizzare lo strumento delle intercettazioni per comprovare la malafede dell’atto, perché la pena edittale massima in questi casi si ferma a un anno meno del necessario per autorizzare l’uso di microspie. Inoltre, il reato si prescriverà in dieci anni per le Spa e in poco più di sei anni (meno della diffamazione a mezzo stampa, tanto per fare un esempio) per le società non quotate in borsa.

La presentazione dell’emendamento in commissione, con il suo carico di subemendamenti da presentare entro domani pomeriggio, farà però molto probabilmente slittare l’approdo del ddl in Aula, previsto inizialmente tra oggi e domani. Contro l’intervento governativo ha protestato Forza Italia, contraria comunque in ogni caso a bypassare la commissione: «Il governo vuole eliminare il ruolo del Parlamento», attacca il senatore Lucio Malan. Orlando invece spiega che la scelta di non andare direttamente all’esame dell’Aula è una prova di «disponibilità al confronto». «Speravamo – ha aggiunto il ministro – che la Commissione fosse più avanti con l’esame degli emendamenti al testo, invece si è deciso di attendere il nostro emendamento».

I berlusconiani però sul falso in bilancio avrebbero preferito, come pure voleva la Confindustria, il mantenimento di una soglia di non punibilità. Nell’attuale formulazione degli articoli n°2621 e n°2622 del codice civile, riformati nel 2003 dalla maggioranza di centrodestra, infatti, il reato non è perseguibile – mai d’ufficio, e in ogni caso non è un delitto ma una contravvenzione – se la falsifica del bilancio ammonta ad una percentuale minore del 5% dell’utile o dell’1% del patrimonio netto.

«Ora l’impostazione del reato è più lineare e semplice – rivendica il Guardasigilli difendendo una posizione contro la quale si sono spesso opposti anche il Mise e il Mef – sono state eliminate del tutto le soglie di non punibilità su cui c’erano state critiche e si terrà conto invece delle condotte di particolare tenuità, ma senza creare aree di impunità e lasciando al giudice la valutazione caso per caso».