«Dov’è Dio se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre?», ha detto papa Francesco nella serata di ieri durante la Via Crucis nella spianata di Blonia di fronte a migliaia di fedeli. Sembra quasi che il pontefice abbia voluto conservare la propria voce per urlare al momento giusto il suo appello all’umanità.

Un discorso che rompe con il silenzio della mattinata durante una visita nei campi della morte, costruiti dai nazisti a 70 chilometri da Cracovia. Così a piccoli passi ieri mattina papa Francesco ha varcato senza proferire favella i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz. Dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, si tratta del terzo pontefice a visitare questi luoghi. Un silenzio lunghissimo che contrasta con l’invito a fare chiasso rivolto negli ultimi giorni ai giovani fedeli durante le conversazioni notturne con i pellegrini dalla finestra del palazzo arcivescovile, consuetudine inaugurata da Karol Wojtyla. C’è «un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare», affermano le Sacre Scritture (Ecclesiaste 3:1-22).

Ieri mattina era il tempo di tacere nei luoghi dell’orrore, dove le autorità museali avevano deciso di sospendere l’ingresso ai turisti nella giornata della visita di Francesco. Durante tutta la manifestazione, tuttavia, il museo della memoria resterà aperto ai pellegrini, senza possibilità di visitare i padiglioni nazionali progettati da singoli paesi. Da questo punto di vista, l’Italia non ha avuto nulla da perdere visto che l’installazione spiraliforme del Memoriale italiano, inaugurato nel 1980 all’interno del Blocco 21, da anni chiuso al pubblico, è stato definitivamente smantellato e ricostruito nei dintorni di un supermercato della periferia di Firenze. È un silenzio che parla all’umanità quello di Francesco. I suoi predecessori al Vaticano avevano rilasciato dichiarazioni dai lager ma per Francesco, il Male assoluto non può essere raccontato con le parole. Un messaggio a tutti quello che urlano la propria verità storica soltanto per ottenere consensi.

Per fortuna, i siti dei campi di sterminio disseminati in tutta la Polonia, che si tratti di Majdanek o Auschwitz, continuano ad essere un tabù per tutta la classe politica locale. In Polonia vi è la speranza che sia giunto finalmente il momento di ricucire i rapporti tra i cittadini in un paese alle prese con una crisi costituzionale senza precedenti, e una società dilaniata dalla guerra polsko-polska (polacco-polacca ndr), quel conflitto ideologico tutto interno tra sostenitori e oppositori del partito della destra populista Diritto e Giustizia PiS, che sta spaccando il paese. «Il nostro problema in patria è che nessuno trovi mai il coraggio di chiedere scusa per primo», aveva scritto qualche settimana Grzegorz Rys, vice-direttore del settimanale di orientamento cattolico Tygodnik Powszechny. E ancora un silenzio che suona come una condanna alla disneyzzazione della memoria storica, alle fotografie scattate dai turisti nelle bocche dei forni crematori, ai supermercati da costruire e ai cacciatori di Pokemon nei luoghi delle fabbriche di morte. La festa per i giovani non è qui ma per le strade di Cracovia.

Il papa ha poi abbracciato i sopravvissuti di Auschwitz e Birkenau con i quali ha scambiato anche qualche parola. Dieci anni fa, ai tempi del pontificato di Benedetto XVI c’erano 31 persone. Ma il tempo passa per tutti, e Francesco si è trovato ad accogliere soltanto 11 superstiti. Tra i reduci anche il 76enne Peter Rauch di etnia sinti, sopravvisuto al Porrajmos, dopo esser stato deportato in Polonia all’età di quattro anni . Il papa ha voluto comunque lasciare alcune parole in spagnolo sul libro d’onore del sito. «Signore abbi pietà del tuo popolo! Signore, perdono per tanta crudeltà!», al termine della visita. Oggi c’è ancora tempo per una visita al Santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki prima della messa finale di domenica, seguita da un incontro con i volontari e dall’annuncio della città ospitante della prossima edizione della Gmg.