La luce del giorno è razionata e non tutti hanno il diritto di osservarla. Il bene più prezioso in assoluto è il tempo libero, di cui solo i ricchi possono godere. Lo spazio per vivere e muoversi è determinato in base al censo. È una distopia claustrofobica e cupa quella in cui la giovane scrittrice cinese Hao Jingfang ha ambientato la storia che le ha fatto vincere lo scorso agosto il Premio Hugo.

Con il suo romanzo breve Folding Beijing, traducibile come «Pechino ribaltabile», la trentaduenne nata a Tianjin è riuscita a sbaragliare avversari del calibro di Stephen King e a mettere in tasca il prestigioso riconoscimento assegnato ogni anno durante la Worldcon (World science fiction convention), il più importante congresso mondiale degli appassionati di fantascienza.

TRAGUARDI Un traguardo di per sé non indifferente per una «dilettante» che lavora come ricercatrice in campo economico presso la China development research foundation, e ancora più notevole se si considera che Hao è la prima donna cinese ad aggiudicarsi l’award che rende omaggio a Hugo Gernsback, fondatore nel 1926 di «Amazing Stories», antenata di tutte le riviste di fantascienza. Sullo sfondo di un imprecisato futuro l’autrice ha immaginato una Pechino popolata da 80 milioni di individui e amministrata in tre distinti cicli orari.
Tra le 6 del mattino e le 6 del giorno successivo la città è a disposizione dei membri della Prima Classe, l’elite economica, composta da 5 milioni di individui che una volta terminato l’orario di lavoro possono fare del tempo ciò che vogliono: girare per negozi, mangiare un gelato, passeggiare nel parco. Tutto è consentito fino all’alba.

LA SECONDA CLASSE Poi avviene «Il Cambio»: la superficie della città ruota su se stessa e gli eleganti edifici e le ordinate strade scompaiono sottoterra per lasciare il posto allo spazio urbano riservato alla Seconda Classe.

Venticinque milioni di persone appartenenti alla middle-class che hanno il diritto di vivere la propria vita per 16 ore, tra le 6 del mattino e le 10 di sera. A quel punto la metropoli si ribalta di nuovo e i 50 milioni di uomini e donne della Terza Classe sciamano fuori dai loro edifici alveare per il turno di lavoro manuale che va dalle 10 di sera alle 6 del mattino, quando, dopo aver consumato un rapido pasto, tornano nel letto-capsula dove li attende una dose di gas soporifero sufficiente a farli dormire per le successive 40 ore. In questo inquietante e ordinato tourbillon Lao Dao, un operaio della Terza Classe addetto al trattamento dei rifiuti, trova un messaggio di Qin Tian, uno studente laureato della Seconda, che gli offre del denaro per consegnare una lettera d’amore a Yi Yan, ragazza della Prima.

REGOLE VIOLATE Per guadagnare un po’ di soldi necessari a pagare l’asilo per la figlia Tangtang, Lao Do accetta di violare la regola che proibisce qualsiasi contatto tra le Classi, riuscendo ad arrivare nella città della Prima. Raggiunto il suo obiettivo il protagonista scopre però che Yi Yan è ormai sposata e riceve da questa un fascio di banconote per tenere la bocca chiusa e recapitare un messaggio di risposta vago a Qin Tian, di cui la ragazza è ancora innamorata.

Sulla via del ritorno, distratto dallo spettacolo mai osservato prima di un parco all’aria aperta, Lao Dao viene catturato dalla sicurezza ma per sua fortuna salvato da Ge Daping, un ufficiale della sorveglianza nato in Terza Classe. Sarà proprio il suo salvatore a invitarlo a una festa, nel corso della quale l’operaio scoprirà casualmente, ascoltando la conversazione di un imprenditore, che l’intera industria del riciclo dei rifiuti potrebbe essere facilmente automatizzata. Una scelta che viene evitata di proposito dalla Prima Classe per non privare milioni di membri della Terza della loro unica occupazione.

Frastornato dalla scoperta ma troppo concentrato sui problemi concreti per rifletterci approfonditamente, Lao Dao torna da Qin Tian per consegnargli il messaggio e riprende la sua vita abituale, felice di aver guadagnato un po’ di soldi per pagare alcuni mesi dell’asilo di sua figlia. Che, si scopre nel finale, ha trovato un giorno per strada vicino a una discarica.

L’ISPIRAZIONE Da sempre la science fiction parla del futuro per raccontare e analizzare il presente. In un’intervista pubblicata su Uncanny Magazine, dove è apparsa la prima traduzione in inglese del suo romanzo breve, Hao ha rivelato che l’ispirazione per la sua storia le è venuta mentre era a una conferenza sullo smaltimento dei rifiuti. Alla proposta avanzata da un esperto di automatizzare il trattamento della spazzatura a Pechino un funzionario dell’amministrazione ha risposto che questo avrebbe portato alla perdita di decine di migliaia di posti di lavoro. Una passeggiata in un quartiere densamente popolato e una spiccata fantasia hanno fatto il resto.

«Nella mia storia ho trattato molti temi: l’amore, la famiglia, l’ineguaglianza, la solitudine delle persone che vivono una accanto all’altra senza mai condividere nulla. E ho provato a mostrare il mix di compassione e indifferenza che è una caratteristica dello stile di governo ‘paternalistico’ delle autorità cinesi, parte della nostra storia e tradizione», ha spiegato la ricercatrice.

L’USO DEL GENERE In un Paese in cui la censura è così forte da poter spingere i colossi della comunicazione a chinare il capo davanti alle regole imposte dall’alto la science fiction rappresenta uno strumento potente per esprimere liberamente il proprio pensiero.

Non a caso Wu Yan, direttore dello Science fiction creativity research center dell’Università Normale di Pechino, ha parlato recentemente di un «rigoglioso sviluppo della fantascienza in Cina». Sviluppo che, secondo Wu, non può essere spiegato solo con l’uso «politico» della science fiction, ma che deve essere collegato anche all’apertura alla cultura occidentale e alla nuova considerazione di cui ha iniziato a godere il genere.

«Per decine di anni la fantascienza è stata trattata alla stregua delle letteratura per l’infanzia mentre ultimamente cominciano ad apparire studi accademici e opere estremamente validi», ha sottolineato l’esperto.

La stella di Hao, infatti, non brilla da sola nell’empireo in cui razze aliene a bordo di astronavi ipertecnologiche sfrecciano più veloci della luce tra le dimensioni, sfruttando la propulsione Cherenkov di heinleiniana memoria. Già da qualche anno la science fiction cinese ha iniziato a far parlare di sé anche fuori dal paese della Grande Muraglia.

Nel 2012 il racconto dell’ormai famoso, almeno nel settore, Ken Lieu, The paper menagerie (Lo zoo di carta), è stato il primo nella storia della fantascienza a vincere contemporaneamente i Premi Nebula, Hugo e World Fantasy. L’anno dopo il prolifico scrittore, nato in Cina nel 1976 ma naturalizzato americano, si è aggiudicato nuovamente l’Hugo con un altro racconto, Mono no aware.

E, grazie alla sua traduzione in inglese, il romanzo The three body problem del cinese Liu Cixin ha vinto nel 2015 lo stesso riconoscimento, in assoluto la prima opera tradotta a ottenere l’award della Worldcon.

Da un po’ di tempo, ha raccontato Ken Lieu in un’intervista, una frase ha cominciato a circolare tra gli scrittori cinesi di fantascienza: «Non ci sono tegole smaltate su Marte».

A indicare che la via che gli autori di sci-fi dell’ex Impero di Mezzo hanno trovato per colonizzare lo Spazio, le stelle, i lontani pianeti e i mondi futuri li porterà necessariamente a lasciarsi un po’ alle spalle gli antichi palazzi della storia nazionale, ricoperti appunto di tegole smaltate.

Senza tuttavia dimenticare del tutto, come mostrano i loro racconti e i loro romanzi, la propria tradizione, che li accompagnerà fino al largo dei bastioni di Orione e alle porte di Tannahauser.