Linea molto più estrema di un traguardo olimpico, quella superata domenica dall’etiope Feyisa Lilesa. «Solo» argento nella maratona, l’atleta 26enne ha stabilito uno strabiliante record olimpico di coraggio e iniziativa politica con un gesto paragonabile, ma per difetto – la posta in gioco qui è la più alta che ci sia – ad altri storici “strappi”. Il segno delle manette esibito all’arrivo chiama in causa il regime etiope per la brutale campagna – 140 morti nell’ultima ondata repressiva – condotta contro gli Oromo, etnia maggioritaria e maggiormente discriminata d’Etiopia. Tornare, ora, vorrebbe dire unirsi al resto della famiglia in carcere. Ma sarebbe purtroppo la migliore delle ipotesi. «Stanno uccidendo il popolo Oromo, espropriando la sua terra e le sue risorse» dirà poi. Senza corridoi mediatici praticabili – controllo degli attivisti e censure sono facilitate anche da tecnologie italiane – Lilesa si è conquistato il diritto di dirlo al mondo correndo la distanza in meno di 2 ore e 10. Imprendibile.