Resta uno degli appuntamenti teatrali fondamentali in Italia Primavera dei teatri, rassegna che con grande entusiasmo e certosina pazienza (e pochissimi mezzi) ogni anno mette insieme i componenti di Scena Verticale. Una rassegna importante, che permette ogni volta di conoscere diverse nuove realtà interessanti, soprattutto della scena del sud. Non mancano però gli spettacoli «forti» di compagnie già ben affermate, a cominciare dalla stessa Scena Verticale che della manifestazione è promotrice: Saverio La Ruina ha presentato una nuova edizione di Polvere, ritoccato nella drammaturgia e con una nuova coprotagonista femminile al fianco, dopo che alla sua prima apparizione il testo aveva diviso anche gli spettatori più affezionati ai suoi spettacoli.

 

 

Quasi una nuova tappa di esplorazione del mondo è invece il nuovo lavoro di Fibre Parallele. Se lo scorso anno Licia Lanera e Riccardo Spagnulo avevano aperto il sipario sui contraddittori momenti e valori di un rapporto amoroso, questa volta con La beatitudine (in arrivo alle Colline torinesi) squarciano un’altro velo di quella che può rivelarsi la felicità, raggiunta magari per caso apparente. Due coppie, legate l’una da un sentimento di normale frizione, l’altra con una donna matura che aiuta e opprime un nipote con qualche ritardo, possono eroticamente scambiarsi e intrecciarsi, quasi contro la volontà di ognuno, per motivi assolutamente fortuiti, a dimostrare che la condizione beata del titolo può sorprendere, e sconvolgere e far felice, chiunque, per qualche puro caso imprevedibile. Un album interessante quello delle Fibre, che conducono lo spettatore alla scoperta di mondi paralleli in continuo agguato. Come hanno fatto, con padronanza crescente della scena, fin dai loro esordi, segnati ognuno dalla narrazione di casi limite.

 

 

Un’altra tappa di processo creativo in evoluzione è quella mostrata dalla Factory Compagnia Transadriatica diretta da Tonio De Nitto in Salento, che dopo aver lavorato su Romeo e Giulietta, rende ancor più lucido il proprio percorso scenico con un’altra creatura shakespeariana, La bisbetica domata. Ma questa volta il lavoro, tradotto e messo in versi da Francesco Niccolini, è ancora più estremo, e usa senza riparmio l’arma del grottesco. La bisbetica Caterina è già lo zimbello della sua città, a causa del cattivo carattere: l’incontro con Petruccio, e col suo brusco comportamento macho, diviene quasi una scelta liberatoria, rispetto ai pregiudizi e alle ironie che già la circondano, e che inequivocabilmente, per abiti, vezzi e modalità, definiremmo oggi semplicemente«piccoloborghesi». L’operazione è divertente, e non mancano le sorprese in questo mondo di figurine alla «signor Bonaventura», anche se per quella scoperta del ridicolo insito nel conformismo dei rapporti sociali, risulta quasi eccessiva la ricorrente rima baciata che rischia di affogare nel lezioso

 

06VISSINScannasurice - Imma Villa foto Angelo Maggio

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È invece già un piccolo classico Scannasurice di Enzo Moscato interpretato da una straordinaria Imma Villa per la regia di Carlo Cerciello. È davvero una scoperta/rifiuto del mondo quella della creatura inventata da Moscato, un femminiello che oppone pensiero e fisicità a quella gabbia putrida e squadrata che ne imbriglia la vita. Sublime e insieme abissale, il testo si fa percorso di vitalità per un’attrice che usa tutti i mezzi in suo possesso per misurarsi con l’orrore che la (e ci) circonda. Testo bellissimo e spettacolo duro quanto fascinoso, di cui il manifesto si è già occupato qualche mese fa, al suo debutto napoletano.

 

 

Tutto incentrato su un monologo femminile è anche Ombretta Calco, testo di Sergio Pierattini messo in scena da Peppino Mazzotta grazie a Milvia Marigliano. Svagata e pasticciona, la creatura milanese protagonista non nasconde tutti i tic e le debolezze di una piccola sciura, la cui vita è scandita da disgrazie, sentimentali e familiari, cui con entusiasmo lei non si nega. Anzi, a forza di ripercorrere tutti quei ciclici «brutti momenti» nell’anticamera del Pronto soccorso, si rende conto solo alla fine di vivere l’esperienza finale per lei, che pensava di potersi tanto commuovere e prestare per gli altri, senza accorgersi di aver bisogno lei di quelle cure. Storia amarissima non senza autoironia, arrampicata su una panchina sospesa a qualche metro da terra, Ombretta Calco inquieta e fa sorridere, ma quasi per principio tiene lei e noi lontani dal tragico. Mentre compartecipa fortemente del proprio dramma Stasera sono in vena di Oscar De Summa. Un racconto in prima persona, che inizia urlando il rock più duro, per arrivare a un drammatico ritratto di gioventù di provincia, prigioniera della droga e dei luoghi comuni e violenti. Un racconto bello e significativo, pieno di pathos e di intelligenza.

 

 

Tra i molti spettacoli ce ne sono stati poi un paio «d’occasione», ovvero legati al fatidico 24 maggio, nel centenario dell’entrata italiana nella prima guerra mondiale. Quello più rilevante è certo quello approntato da Mario Perrotta, che ha scritto un testo ricco e articolato nelle tante lingue degli «italiani» di allora. La forma monologante, seduto immobile per tutto il tempo in primo piano, non giova a sfoderare le mille ricche pieghe del testo. Che quasi fosse un omaggio a Dario Fo e alle sue lingue strampalate, viaggia tra nord e sud con bell’effetto drammaturgico. Vien voglia di leggerlo, alla fine, quel testo, grazie anche alle doti interpretative di Perrotta.

 

 

 

Disorienta invece l’altro racconto sul medesimo argomento, che Renata Molinari ha tratto da testimonianze d’epoca, e Massimiliano Speziani ha cercatto di tradurre nella violenza dei corpi: Al Muro. Il corpo in guerra. Il lavoro ha ancora bisogno di acquisire scioltezza e spessore, nella fisicità e nella parola dei tre interpreti, cui non mancherà occasione di perfezionare la performance. Secondo la semplice legge del teatro.