Sono una decina i lavori, fra lungometraggi e corti, provenienti dall’Asia orientale che saranno presentati quest’anno al Lido e l’attesa maggiore è forse quella per l’ultimo film di Lav Diaz, The Woman Who Left. Finalmente il regista filippino parteciperà al festival veneziano nella competizione ufficiale, dopo molti anni di Orizzonti, oramai venerato, e giustamente, negli stretti circoli dei cinefili più cinefili, i suoi lavori in questi ultimissimi anni hanno cominciato a circolare anche al di là dei festival, attraverso DVD e streaming hanno così potuto raggiungere un pubblico più ampio. Il grande rischio che però il cinema di Diaz corre, ed è un paradosso visto che si tratta di uno degli artisti più incredibilmente talentuosi e capaci di toccare lo spettatore che ci siano in giro, è quello di diventare maniera e quindi di solidificarsi in una formula, durata abissale, campo lungo, bianco e nero e così via. Ma proprio alcuni dei suoi più recenti lavori come il corto The Day Before the End uscito quest’anno ed il documentario Storm Children, Book 1 di due anni fa, ci dicono quanto potenziale cinematografico e quanta parresia nei confronti del reale e della storia ci sia ancora negli occhi di questo straordinario regista. The Woman Who Left è la storia di Horacia, una donna di nuovo in libertà dopo aver speso 30 anni della sua vita in prigione per un crimine mai commesso, il suo ritorno al «reale» però coincide con una dolorosissima alienazione, il marito è morto e la figlia è scomparsa, ma in tutti questi cambiamenti ciò che è rimasto tragicamente uguale è la distanza che separa i ricchi ed i privilegiati dal popolo, i poveri.
Un’altra visione dell’arcipelago filippino ci viene data da Singing in Graveyards di Bradley Liew, storia di Pepe, anziano impersonatore di un cantante rock, la cui musica e la cui realtà sfociano spesso nella pura immaginazione e nel misticismo, il film sarà presentato nella Settimana della Critica.
GIAPPONE
Nella sezione Orizzonti troveremo invece il giapponese Kei Ishikawa con Traces of Sin, primo suo lungometraggio, prodotto dall’Office Kitano e che si avvale della fotografia del polacco Piotr Niemyjski. Un mystery che racconta la storia di un delitto irrisolto dove un’intera famiglia viene uccisa e di come un anno dopo i fatti, un reporter cerchi di riaprire il caso. La trama sembra essere abbastanza simile a molti lavori che recentemente sono passati sul grande e piccolo schermo dell’arcipelago, chissà però che Ishikawa non riesca a portare il tocco di originalità del debuttante. Nella stessa sezione troveremo un altro dei film più attesi, Bitter Money di Wang Bing, documentario attraverso il quale il regista cinese segue lo spostamento di tre giovani dal loro paesino natale nello Yunnan verso uno dei grandi agglomerati urbani della costa dell’est. Viaggio-transumanza che parte pieno di speranze e che però deve fare i conti con la dura realtà di una società, quella cinese contemporanea, dove il denaro non ha mai avuto un’importanza come quella attuale. Quello dei tre giovani sembra essere un percorso emblematico nella Cina contemporanea, Wang Bing si è dimostrato in passato di una sensibilità quasi rabdomantica nel saper captare e trasferire in immagini gli snodi, i mutamenti e le complessità del suo paese.
COREA DEL SUD
Una pellicola che già ha fatto parlare di sé prima del suo debutto è The Age of Shadows del sud-coreano Kim Jee Woon, presentata al Lido fuori concorso, storia ambientata durante l’occupazione nipponica della penisola coreana durante gli ann venti del secolo scorso quando un agente segreto cerca di infiltrarsi in un gruppo che lotta per liberarsi dall’giogo imperialista giapponese. La presenza sud-coreana continua nella sezione Cinema in Giardino con il nuovo film di Kim Ki-duk, autore del bellissimo Pietà, che sarà a Venezia con The Net, ancora una volta si tratta di una storia di spie ed agenti segreti ma questa volta le vicende si dipanano fra la Corea del Nord e quella del Sud.
GANTZ:O
Fuori concorso sarà presentato anche il giapponese Gantz:O, ennesimo adattamento, questa volta in CGI, del manga scritto e disegnato da Hiroya Oku, il film è diretto da Keiichi Sato e Yasushi Kawamura, vedremo se la computer graphic nipponica avrà raggiunto quella maturità espressiva che è quasi sempre mancata finora.
I CLASSICI
Chiudono la presenza estremo orientale a Venezia tre pellicole del passato nella sezione classici, oltre al monumento della settima arte che è Sette Samurai di Kurosawa, il film che vinse nel 1954 il Leone d’argento, dopo aver vinto nel 1951 il Leone d’oro per Rashomon), da non perdere Legend of the mountain, fantasy horror targato Hong Kong e realizzato da King Hu nel 1979 ed il documentario giapponese The Ondekoza di Tai Kato del 1981.