Due mondi a confronto questa mattina a Milano. Da una parte le «camicie bianche», fuori dal mondo reale, blindate nei palazzi di Fieramilanocity e sorvegliate da cordoni di polizie. Sono i capi di stato europei, Merkel, Barroso, Renzi, Hollande… Si sono auto convocati per fare finta di discutere di lavoro e di disoccupazione, con sullo sfondo 26 milioni di disoccupati strangolati dal dogma dell’austerity che nessuno mette in discussione – se non a parole, come il presidente del Consiglio che cercherà di magnificare nel suo inglese maccheronico la «riforma del lavoro». Dall’altra parte, invece,c’è la Fiom di Milano, non solo tute blu, ma anche studenti, pezzi di «movimento» e sinistra diffusa, ciò che resta della capacità di fare piazza, un mosaico tutto da comporre per opporsi alla riduzione dei diritti e dei salari e alla precarietà perenne imposta dal Job Act di Matteo Renzi e della sua «ditta».

I metalmeccanici milanesi hanno scelto proprio questa data per convocare il primo sciopero territoriale d’Italia, una tappa fondamentale di avvicinamento alla manifestazione nazionale di Roma che si terrà il 25 ottobre. Il corteo parte alle 9,30 da piazzale Lotto e si muove dietro allo striscione dei lavoratori di Nokia licenziati la settimana scorsa con una mail. Al termine della manifestazione sono previsti interventi di Graziano Gorla, segretario generale della Camera del Lavoro di Milano, e di Maurizio Landini, segretario generale della Fiom. La speranza di Marcello Scipioni, segretario dei metalmeccanici milanesi, è che oggi non solo le tute blu raccolgano l’invito a «non stare a guardare», perché «per ricostruire il paese devastato dalla crisi servono una politica industriale, investimenti pubblici e privati, ricerca, formazione e valorizzazione della professionalità di tutti i giovani, precari compresi».