«Aveva sempre una marcia in più». Te lo raccontano così, Giulio Regeni, mentre evocano immagini antiche o ricordi più recenti. E non è una frase di circostanza, né dettata dalla commozione, e neppure dallo strazio di essere stati catapultati loro malgrado dalla monotona quiete pedemontana a un universo di violenza talmente inumana da sfuggire, come dice il sindaco Ennio Scridel, a qualunque logica, a qualunque spiegazione.

Lo vedi dalle voci ferme, dall’essenzialità dei gesti e dagli occhi asciutti che non stanno parlando per pietà, perché in questo piccolo paese friulano avamposto di frontiera già in odore di Mitteleuropa il dolore è un fatto squisitamente privato, intimo, che va protetto perfino dallo sguardo altrui.

Perciò il corpo di Giulio non può che tornare a Fiumicello in una sera che sembra già notte, in un angolo deserto e freddo dove si danno appuntamento solo pochi intimi, protetti dall’intrusione degli estranei con l’assoluto riserbo della piccola e coesa comunità, per una cerimonia privata nella chiesa di San Lorenzo, fuori dal perimetro del paese.

D’altronde il ricercatore di Cambridge trucidato al Cairo, salutato ieri per l’ultima volta da amici e colleghi provenienti da ogni parte del mondo, per i suoi compaesanei più anziani che lo ricordano recitare in una delle prime rassegne di teatro della scuola rimarrà sempre «il Piccolo principe».

Per le ultime generazioni invece è colui che per primo aveva avuto l’idea di realizzare un Centro giovani che ora sta venendo lentamente alla luce. In molti ricordano il suo primo reportage scritto nel 2005 da Katrina, quando aveva solo 17 anni, per il mensile friulano Konrad con il quale cominciò una speciale corrispondenza dal piccolo college dove studiava nel New Mexico tra i boschi delle Montagne Rocciose.

E una foto di Giulio Regeni campeggia anche nel corridoio del municipio, davanti la stanza del sindaco, insieme a quelle di una decina di altri ragazzi, tutti con la fascia tricolore addosso.

Lui aveva 12 anni e i baffetti cominciavano appena a spuntargli sulle labbra, quando venne eletto e per un anno rimase in carica come il «sindaco del governo dei giovani», iniziativa di partecipazione politica dei ragazzi che Fiumicello adottò per primo, tra i comuni del Friuli.

Un’iniziativa ereditata da Ennio Scridel, che ha appena compiuto 40 anni e da sette è in carica.

 

ENNIO SCRIDELL SINDACO 2
Il sindaco di Fiumicello Ennio Scridel (Pd)

 

Per lui, che è del Pd, «ma di quello giusto, della Serracchiani, e lo può scrivere», Giulio era soprattutto l’amico di Ivan Bidoli, l’artista che ha dipinto l’opera simbolo di Fiumicello: «Cent’anni di evoluzione», un ciclo pittorico concluso nel 1993 composto da otto pannelli collocati nella Sala consiliare del Comune. Lungo una parete di 18 metri, il pittore – del quale Regeni avrebbe voluto raccontare la vita in un libro e con il quale ha parlato a lungo via skype un paio di giorni prima del 25 gennaio – illustra l’evoluzione della società contadina di Fiumicello nell’ultimo secolo.

Ma l’effige del paese, quella che Scridel mostra orgoglioso, è il quinto pannello, che ricorda la fine della Seconda guerra mondiale, la caduta del nazifascismo e il rientro del gonfalone nel comune liberato.

Il partigiano che calpesta la bandiera uncinata e il busto abbattuto di Mussolini è Dante Feresin, divenuto simbolo della Resistenza e della liberazione di questa comunità dall’oppressione. «Questa è la nostra storia», dice il sindaco. E gli occhi cominciano a brillare: «Questo è il paese di Giulio».