Il 6 febbraio, alle 11:50, Roberto Formigoni scrive su Twitter: «Odore della sconfitta su #Cirinnà sta procurando crisi isteriche gravi su gay, lesbiche, bi-transessuali e checche varie. Non è bello, poverini».

Il giorno dopo il Formigoni scrive su Facebook: «Nel mio tweet di ieri sera non ho insultato nessuno, mi sono limitato a constatare che alcune persone gay, lesbiche ecc… stanno avendo crisi isteriche. Il testo è inequivocabile, si tratta di alcune specifiche persone (a me note) e non di una annotazione generale rivolta a “erga omnes”. Del resto la lingua italiana è precisa: in italiano, l’assenza dell’articolo determinativo indica chiaramente che si tratta di casi specifici. Se avessi voluto offendere un’intera categoria di persone avrei usato l’articolo determinativo: i gay, le lesbiche ecc…».

Se la teoria dell’argomentazione ha un senso, dalla precisazione del Formigoni ricaviamo quanto segue:

1) il suddetto non ha voluto insultare nessuno, ha solo constatato il sopravvenire di un certo numero di casi di isteria conclamata (medicalmente accertati, presumo).

2) le crisi isteriche hanno colpito alcuni suoi parenti, amici, conoscenti o personaggi noti, con i quali si è permesso di ricorrere a quel linguaggio dell’intimità che può farci simpaticamente apostrofare un omosessuale con gli epiteti di checca o di frocio.

3) quei parenti, quegli amici, quei conoscenti o personaggi noti sono rappresentati tutt’al più da uno o due esponenti per ciascuna delle prime tre categorie elencate dal Formigoni: gay, lesbiche, bi-transessuali. Le «checche varie» potrebbero essere cinque o sei. Magari qualcuna in più, ma non molte di più. Non si spiegherebbe altrimenti l’uso di alcuni, che è sinonimo di pochi.

4) che il Formigoni non abbia voluto insultare nessuno è confermato dall’enunciato finale («Non è bello poverini»), espressione di umana solidarietà per i parenti, gli amici, i conoscenti o i personaggi noti colti dai gravi attacchi di isteria.

Da linguista di professione, non so se devo piangere o ridere. Su una cosa, però, il Formigoni ha quasi ragione. Nella nostra lingua l’anteposizione dell’articolo determinativo a un cognome (salvo si abbia a che fare con certi classici, diciamo fino a tutto l’Ottocento o poco oltre: il Petrarca, il Manzoni, il Verga, ecc.; già lo Svevo o il Pirandello suonerebbero ironici o sarcastici) sa di più o meno sottile, o più o meno consistente, presa per i fondelli. Ne diamo senz’altro atto al Formigoni.