L’accusa è chiara: due giorni fa alla Camera, quando il Pd ha «proceduto spedito sull’arresto di Galan», qualcuno non ha rispettato «l’integrità del Patto del Nazareno». E non è Berlusconi. Punta il dito su Renzi e il suo governo, il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, tramite Il Mattinale, la nota stampa redatta ogni giorno dal suo staff di Montecitorio: «Altro che riforme chic (che voteremo), qui si tratta di far partire riforme shock (che non si vedono). Renzi non punisca il Senato con i lavori forzati per il reato di lesa maestà. E si ricordi che nel Patto del Nazareno c’è la riforma della giustizia, calpestata preventivamente col trattamento Galan». Esattamente, scrive il gruppo di Fi, era al terzo punto di quel patto tra Renzi e l’ex Cavaliere. Ed è la carcerazione preventiva «l’aspetto più urgente della riforma», la quale ormai «è affondata preventivamente con il trattamento Galan, impedito di difendersi. Altro che ricatto sulle riforme che avremmo minacciato noi – conclude sul punto Il Mattinale – Semmai è Renzi con il suo governo ricattato dalla piazza e dai suoi deputati proni al giustizialismo».
Verrebbe da chiedere a Brunetta esattamente perché l’autorizzazione all’arresto dell’ex governatore veneto avrebbe violato il Patto del Nazareno nel suo complesso, visto che la riforma della custodia cautelare è in dirittura di arrivo alla Camera in seconda lettura (approvata finora con i voti di Fi), avendo subito alcune modifiche in Senato dove è stata licenziata alla fine di giugno?
Intanto proprio sullo stato di salute che avrebbe impedito a Giancarlo Galan di difendersi in Aula, la procura di Venezia ha aperto ieri un’inchiesta mandando la Gdf all’ospedale di Este (Padova) per sequestrare la cartella clinica dell’ex governatore veneto. Perché, come ha spiegato ieri a Radio Radicale il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, «mentre si svolgeva il dibattito alla Camera sul rinvio del voto per la richiesta di carcerazione preventiva nei confronti di Galan, era già stata firmata dalla direzione sanitaria dell’ospedale dove l’onorevole era ricoverato una lettera di dimissioni, poi acquisita agli atti, dalla quale emerge una patologia perfettamente compatibile con un trasporto in Parlamento per difendersi.

Le fotografie del diretto interessato con un piccolo gesso – ha concluso il procuratore aggiunto – hanno fatto il giro d’Italia e ricordiamo che in Parlamento più di una volta sono andati parlamentari con l’ossigeno o in barella. Una vicenda abbastanza paradossale perché si è discusso sul nulla». Inoltre, i magistrati vorrebbero capire se c’è stata, da parte del personale medico ospedaliero, una dimissione “ad orologeria”, per così dire. Ma i medici ospedalieri di Este negano con fermezza ogni sorta di tempismo: «Il paziente è stato dimesso ieri (martedì, ndr) quando si è avuta conferma che il quadro degli esami e quello clinico si erano stabilizzati, e poteva andare a domicilio», spiega il direttore, Enrico Agnoletto, che riguardo al sequestro della cartella clinica risponde: «Credo serva soprattutto per i medici della struttura carceraria che ora hanno in cura Galan».
Contro le inaspettate dimissioni si era scagliato anche lo stesso presidente della Commissione cultura della Camera che da mercoledì notte è detenuto in una cella singola del centro clinico interno al carcere Opera di Milano, in attesa di un’eventuale scarcerazione o del trasferimento agli arresti domiciliari richiesti dai suoi legali al Tribunale della libertà di Venezia. Domani riceverà la visita del suo avvocato Niccolò Ghedini.