Il Giubileo della misericordia, concluso ufficialmente domenica scorsa con la chiusura della «porta santa» della basilica di san Pietro – verrà riaperta in occasione del Giubileo ordinario del 2025 –, termina con una lettera apostolica di papa Francesco (Misericordia et misera) che modifica in maniera sostanziale la rigidità della prassi pastorale della Chiesa romana in materia di aborto.

D’ora in poi, infatti – è scritto nel paragrafo 12 del documento firmato dal pontefice il giorno 20 ma reso noto solo ieri –, «tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero», avranno «la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto». Quindi non solo le donne che scelgono di interrompere la gravidanza, ma anche medici, infermieri e tutto il personale socio-sanitario coinvolto. Fino a ieri per tutti c’era la scomunica automatica (latae sententiae), e potevano essere assolti solo da un vescovo o da un prete delegato appositamente dal vescovo stesso.

È una misura che non cancella il «peccato di aborto» («l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente», puntualizza Francesco) – quindi non c’è nessuna modifica dottrinale –, ma introduce un profondo aggiornamento pastorale e giuridico, tanto che in Vaticano metteranno mano anche al Codice di diritto canonico, come spiega mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione: il diritto canonico «è un insieme di leggi, nel momento in cui c’è una disposizione del papa che modifica il dettato della legge si deve necessariamente cambiare l’articolo che riguarda quella specifica disposizione» (ovvero il canone 1398: «Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae»).

[do action=”quote” autore=”Misericordia et misera, par. 12″]«Non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito»[/do]

Il criterio che ha guidato papa Francesco – a partire dai racconti evangelici della «adultera» e della «peccatrice» perdonate da Gesù – è che «l’amore» è superiore alla «legge» e che «nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia». Pertanto «non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito». Compreso l’aborto.

Nonostante la misura non giunga del tutto inaspettata – rende permanente ciò che era stato già permesso limitatamente alla durata del Giubileo –, è certo che provocherà forti scosse all’interno della Chiesa cattolica, dove il fronte reazionario è già sul piede di guerra.

Solo pochi giorni fa, infatti, quattro cardinali ultraconservatori (fra cui l’ex arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra), che già durante il Sinodo sulla famiglia animarono il fronte integralista contrario a ogni apertura, hanno diffuso – tramite il blog del vaticanista Sandro Magister, sempre più megafono dell’opposizione conservatrice a papa Francesco – una lettera in cui chiedono al pontefice di chiarire «cinque dubbi» della Amoris laetitia, l’Esortazione post sinodale che contiene moderate aperture «caso per caso» per esempio sulla possibilità di concedere l’assoluzione e l’accesso alla comunione ai divorziati risposati.

Ora, con questa nuova e più decisa azione di aggiornamento pastorale, le contestazioni dei reazionari non mancheranno, anzi saranno sicuramente accese.

Nella lettera apostolica di papa Francesco c’è una seconda misura di rilievo, anche questa concessa inizialmente per il Giubileo ed ora «estesa nel tempo»: la facoltà per i preti ultratradizionalisti lefebvriani della Fraternità San Pio X – non pienamente in comunione con la Chiesa di Roma, per non aver mai riconosciuto i risultati del Concilio Vaticano II – di confessare e impartire «validamente e lecitamente l’assoluzione» ai fedeli.

Potrebbe sembrare, da parte di papa Francesco, un’operazione trasformista – per accontentare tutti, o non scontentare nessuno. Senz’altro c’è il tentativo di tenere insieme tutti i pezzi della Chiesa cattolica, contraddizioni comprese.

Infine l’indizione, per l’ultima domenica dell’anno liturgico cattolico – è stata domenica scorsa, quindi se ne parlerà a novembre prossimo – della Giornata mondiale dei poveri.

Perché, scrive Francesco, la misericordia deve avere un «carattere sociale», e «la giustizia e una vita dignitosa non rimangano parole di circostanza ma siano l’impegno concreto di chi intende testimoniare la presenza del Regno di Dio».