Il ministro degli Interni Alfano dovrà farsene una ragione. Se sperava che mettere fine all’operazione Mare nostrum avrebbe comportato una diminuzione degli sbarchi di migranti, dovrà rifare i propri calcoli. Se si paragona infatti il numero di arrivi registrati a novembre scorso, primo mese in cui ufficialmente la missione europea Triton ha sostituito la navi della Marina militare, con quelli avuti nel novembre del 2013 – primo mese di attività di Mare nostrum dopo la strage di Lampedusa – si scopre che il numero di profughi arrivati in Italia è quasi quintuplicato.
A rivelarlo, smentendo così la anche la propaganda di quanti come la Lega continuano ad accusare Mare nostrum di rappresentare un fattore di attrazione per chi fugge dalle coste africane, è stato l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina, ascoltato ieri dalla commissione Diritti umani del Senato. E i dati forniti dall’alto ufficiale lasciano poco spazio a interpretazioni. Nel novembre del 2013 gli immigrati soccorsi furono in tutto 1.883. Un anno dopo, cioè nel mese di novembre appena finito, gli arrivi sono stati invece 9.134, con un aumento del 485% rispetto all’anno precedente. Di questi 3.810 sono stati soccorsi sempre dalla nostra Marina militare che li ha sottoposti a screening sanitario prima dello sbarco, contrariamente ai restanti 5.324 (1.534 dei quali intercettati dalla Capitaneria di porto impegnata nella missione europea e 2.273 dai mercantili intervenuti in soccorso) che hanno invece ricevuto le prime visite mediche solo una volta a terra. Per quanto riguarda Triton invece, e soprattutto per capire quanto lo spirito della missione europea sia distante da quello che ha caratterizzato Mare nostrum, basta la lettera inviata al dipartimento dell’Immigrazione della polizia di frontiera del Viminale dal direttore di Frontex Klaus Rosler e in cui l’agenzia europea si dice «preoccupata» per i troppi interventi di soccorso avvenuti «fuori area», ovvero oltre le 30 miglia marine fissate dall’Ue come confine europeo. A non piacere al direttore di Frontex sono state le indicazioni impartite nelle scorse settimane alle navi dal centro di controllo di Roma, che dopo aver ricevuto una serie di segnalazioni relative a imbarcazioni di migranti presumibilmente in difficoltà, ha ordinato di verificare le richieste di soccorso. Operazioni che, secondo il direttore dell’agenzia Rosler, «non sono coerenti con il piano operativo e purtroppo non saranno prese in considerazione in futuro».
A questo punto è legittimo chiedersi a cosa serva Triton e se – al di là delle promesse fatte da Alfano – non sia solo un’operazione di immagine destinata tra l’altro a finire il 31 gennaio 2015. Tanto più se si paragonano gli interventi messi a punto da Mare nostrum nel corso dell’anno con quelli della missione europea. Mentre quest’ultima è impegnata infatti nel solo controllo delle frontiere marittime, Mare nostrum ha garantito la sorveglianza e la sicurezza in alto mare, i controlli e l’identificazione dei migranti, il controllo delle frontiere, la ricerca e il salvataggio (Sar, Search and rescue) e l’assistenza sanitaria e umanitaria ai migranti. Inoltre le navi della marina hanno coperto un’area vasta 22.350 miglia quadrate contro le sole 6.900 miglia quadrate di Triton. Che a quanto pare si lamenta anche.
«Sbalordito» per il richiamo di Frontex si è detto Christopher Hein, presidente del Consiglio italiano rifugiati. «La stessa Frontex ha sottolineato all’operazione Triton l’obbligo di salvataggio di fronte a segnalazioni, e se ciò accade fuori dalle 30 miglia non c’è limitazione territoriale o di settore marino che possa essere presa in considerazione».