Da ieri, in Venezuela, la frontiera con la Colombia è stata chiusa in altri 4 municipi dello stato Tachira. Il governo ha deciso di estendere lo stato d’eccezione, dichiarato il 21 agosto e approvato dal parlamento. Circa 3.000 effettivi della Forza armata bolivariana stanno compiendo accertamenti, mentre è in corso un vasto censimento degli esercizi commerciali e degli abitanti.

Fin dal primo giorno, è stato aperto un corridoio umanitario, alla presenza di avvocati e associazioni per i diritti umani. Il provvedimento – ha detto il presidente venezuelano Nicolas Maduro – resterà in vigore fino a quando il governo colombiano non adotterà misure efficaci per arrestare il contrabbando di denaro e di prodotti sottratti al mercato sussidiato, che stanno dissanguando l’economia del paese. In una settimana, sono stati scoperti numerosi depositi clandestini, contenenti tonnellate di alimenti e taniche di benzina, che in prima battuta alimentano il lucroso mercato nella cittadina di frontiera di Cucuta e poi il resto del paese.

A pochi mesi dalle legislative del 6 dicembre, le polemiche però non si placano, dentro e fuori il paese. E la tensione fra Bogotà e Caracas non accenna a diminuire. L’ex presidente colombiano Alvaro Uribe e quello attuale, Manuel Santos (suo ex ministro della Difesa), si presentano in una inedita e improbabile veste di difensori dei diritti umani e accusano Maduro di deportare cittadini colombiani senza protezione.

Santos ha chiesto l’intervento della Unasur. Il Venezuela ha risposto chiedendo all’organismo continentale di creare una commissione per la verità sulla situazione alla frontiera. Durante la grande “marcia per la pace e contro il paramilitarismo” che si è svolta venerdì, Maduro ha ricordato le cifre dell’accoglienza offerta a quasi sei milioni di colombiani, in fuga dalla miseria e dalla repressione: in Venezuela – ha detto – usufruiscono delle misure sociali da cui sono esclusi nel loro paese.

“Fino a quando lo tato colombiano insisterà a chiudere gli occhi di fronte ai problemi che lui stesso crea?”, ha chiesto davanti a una folla di colombiani e venezuelani che hanno ballato sulle musiche di entrambi i paesi. “Il popolo colombiano – ha detto ancora Maduro – è vittima di una guerra interminabile: dal 9 di aprile del 1948, quando un proiettile inviato dall’oligarchia ha tolto la vita a Eliecer Gaitan. Da allora, i colombiani fuggono dalla guerra, dalla morte, dalla miseria, dalla repressione… migliaia di vittime, desaparecidos, torturati… operai, contadini, studenti”.

Diversi rappresentanti dell’Associazione colombiani in Venezuela hanno espresso appoggio al governo bolivariano.”Sono qui da dieci anni perché in Colombia non avrei potuto continuare a studiare”, ha affermato Luis Acebedo, che coordina l’associazione nel Tachira.Un gruppo di parlamentari della sinistra colombiana si è recato alla frontiera. Ivan Cepeda, deputato e difensore dei diritti umani, ha denunciato che il fenomeno del paramilitarismo si è esteso ad altri paesi, specialmente al Venezuela: “Operano alle nostre frontiere – ha detto – e i cartelli della droga agiscono come multinazionali. A Cucuta c’è una situazione economico-sociale molto difficile, perché lo stato colombiano non si occupa delle zone di frontiera”. Anche per questo,Cepeda ha auspicato una rapida soluzione dei dialoghi di pace in corso all’Avana tra governo e guerriglia marxista. E ha denunciato le manovre di Uribe e del suo alleato, il Procuratore generale Alejandro Ordoñez, che hanno proposto di escludere il Venezuela – primo ad aver messo in moto il tavolo delle trattative – dal gruppo dei facilitatori. ”Alimentano il conflitto alle frontiere per far fallire il processo di pace in Colombia “, ha detto Cepeda.E dall’Avana, anche i mediatori delle Farc hanno espresso sostegno a Maduro.

Una situazione che fa da sfondo, oggi, alla giornata dedicata al Venezuela all’Expo di Milano. In quella sede, associazioni, diplomazie e rappresentanti del governo espongono il nuovo volto del paese che, da oltre 15 anni, scommette sul “socialismo del XXI secolo” e che ha ottenuto grandi risultati con una decisa ridistribuzione della rendita petrolifera a favore delle classi popolari: nella lotta alla fame e all’analfabetismo e nell’accesso ai diritti. Per questo, il Venezuela ha ricevuto per due volte il premio della Fao. Finora, la Gran Mision Vivienda Venezuela ha consegnato le chiavi di 726.622 case popolari completamente arredate. Altre 389.000 sono in costruzione, per un totale di 1.115.624.