Poli opposti in un costante parallelismo di vite, approcci, destini: flussi in movimento contro muri immobili, solidarietà di base contro militarizzazione dei vertici, storie contro numeri, accoglienza contro fili spinati. E fuga (permanente e obbligata, impellente) contro viaggio. C’è questo nel lungo cammino – a bordo di mezzi pubblici, autobus, treni o taxi, da Venezia alla Grecia e poi ritorno – raccontato in Lungo la rotta balcanica. Viaggio nella Storia dell’Umanità del nostro tempo (in uscita oggi per Infinito edizioni, pp. 144, euro 13) di Anna Clementi e Diego Saccora, pubblicato con il patrocinio di UnaStrada onlus.

I due partono da un’Italia stordita e percorrono a ritroso la rotta balcanica che nel 2015 è diventata porta di ingresso verso la fortezza Europa per oltre un milione di rifugiati. Da Udine allo Slovenia, dalla Croazia alla Macedonia fino in Grecia. Una direzione contraria che mescola e intreccia i flussi dei destini dei popoli in marcia con quelli che li ospitano: a Skopje incontrano chi ce l’ha quasi fatta, chi è riuscito ad attraversare frontiere da un giorno all’altro invalicabili, «forte» di un documento che attesta non solo l’identità ma il probabile fato. Sono i «Sia», siriani, iracheni e afghani, per Bruxelles i soli autorizzati a transitare, palese violazione del diritto internazionale che regola il diritto d’asilo.

Ma è scendendo verso sud che Clementi e Saccora risalgono alla sorgente dove ai Sia si affiancano gli esclusi: il buco nero di Salonicco ma soprattutto Idomeni, elevato a simbolo della migrazione forzata, punto di passaggio di un’umanità disperata che qui conosce l’ennesima umiliazione (la fila infinita di fronte ad una porta sbarrata). Qui si dividono, ulteriormente, in sottogruppi uomini e donne già alla nascita divisi, separati, da passaporti e carte d’identità. In mezzo sta lo spartiacque, marzo 2016 che ha fatto da sfondo all’accordo tra Turchia e Unione Europea e alla chiusura totale dei confini nei Balcani.

Il libro ripercorre con delicatezza e tratti vividi, dolorosamente nitidi, le storie di donne e uomini in marcia. Al di là dell’analisi politica, racconta la Storia degli esseri umani che la disegnano, in un periodo che segna una svolta epocale, momento di passaggio tra l’Europa che fu e l’Europa che sarà: tra le pagine, sullo sfondo di campi profughi e fango, edifici abbandonati e tende improvvisate, stazioni e aree di servizio, scorrono le vite di Ibrahim, Zainab, Mohammed, Abdallah, Fatima. Costretti alla fuga dalla propria quotidianità, da paesi che amano e radici che non sono state estirpate ma lasciate andare.
Sono vite, alla fine, simili a quelle di chi è nato dalla parte fortunata della Storia: ci sono, infatti, anche le storie di Liljana, Evren, Francesca, Cloe e Zabel, volontari che hanno deciso di intraprendere la difficile via dell’accoglienza di base. In assenza di una risposta di solidarietà da parte delle istituzioni – una mancanza tristemente rappresentata dalle mascherine con cui poliziotti in tenuta anti-sommossa si proteggono naso e bocca – a reagire è l’individuo, il cittadino qualunque, la piccola associazione che in pochi mesi fa rete in giro per un’Europa blindata.

A dare concretezza al racconto è l’esperienza di anni che i due autori hanno accumulato nel periodo successivo alle cosiddette «primavere arabe» tra i campi profughi di Nord Africa e Medio Oriente e poi a Venezia dove Anna Clementi lavora come mediatrice linguistico-culturale presso il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati e Diego Saccora come operatore sociale nel sistema di accoglienza del Comune di Venezia nell’ambito dei minori stranieri non accompagnati.