Fumata nera anche nel secondo giorno di trattative a oltranza sulla vertenza Almaviva , e ieri sera si è deciso di proseguire ulteriormente. Prevedendo di utilizzare almeno parte della notte, e dandosi la possibilità di usare anche la giornata di oggi, visto che a mezzanotte scadono le procedure dei 2511 esuberi dichiarati e potrebbero partire altrettante lettere di licenziamento verso le sedi di Roma e Napoli. La svolta potrebbe venire da una controproposta del sindacato, che avrebbe deciso proprio al rush finale di «andare oltre il tema degli ammortizzatori sociali» (parola della Slc Cgil) e di «parlare a 360 gradi» (Uilcom).

LA TRATTATIVA si era interrotta poco dopo la mezzanotte di lunedì, per poi riprendere ieri verso mezzogiorno. La plenaria però non ha dato buoni frutti, e così nel pomeriggio sono cominciate una serie di ristrette. Faccia a faccia che però andavano sempre a vuoto.

L’azienda infatti non si è mai spostata da una posizione rigida, che escludeva del tutto l’uso esclusivo degli ammortizzatori per risolvere la vertenza: e questo nonostante il governo abbia promesso (nell’ormai famoso lodo, subito rifiutato) perfino di farsi carico della parte che normalmente spetta alla parte datoriale, senza contare che aveva già reso disponibili gli ammortizzatori sociali per l’intero 2017.

NULLA: PER ALMAVIVA qualsiasi tipo di accordo o intervento avrebbe dovuto includere anche una riduzione del costo del lavoro, e agire direttamente sulle buste paga dei dipendenti: stop agli scatti di anzianità, inquadramenti ai livelli inferiori rispetto a quelli già acquisiti, ad esempio (ma fuori dal tavolo non è mai trapelata la lista completa dei tagli proposti), il tutto limitatamente alla durata del «risanamento».

Il problema è che le buste paga dei lavoratori di Almaviva sono già molto basse di loro: non solo perché da anni hanno dovuto sottoporsi a diversi programmi di solidarietà, ma anche perché spesso hanno impieghi part time. Un operatore che fa quattro ore al giorno (20 settimanali) porta a casa un lordo di 450 euro. I sindacati di conseguenza hanno sempre sostenuto che l’azienda si può risanare, ma senza ricorrere nel frattempo a tagli sul costo del lavoro, e facendo leva al contrario su una migliore distribuzione delle commesse e della solidarietà tra le sedi.

Due posizioni, quelle di governo e sindacati, decisamente distanti se non inconciliabili. Almaviva denuncia 2 milioni di perdite al mese, emorragia che non si sarebbe fermata neanche dopo l’accordo del 31 maggio scorso (aveva evitato i 3 mila licenziamenti annunciati in marzo): intesa con i sindacati che prevedeva un pesante programma di solidarietà, una riorganizzazione interna con la possibilità di accordarsi sul controllo a distanza della produttività, e azioni portate dall’esterno, da parte del governo, per eliminare le distorsioni del settore (delocalizzazioni, gare pubbliche al massimo ribasso).

UNA INCOMUNICABILITÀ tra Almaviva e sindacati che ha caratterizzato almeno tutto l’ultimo anno, e che ieri si è manifestata in tutta la sua plasticità nell’impossibilità di trovare punti comuni. Accettando di andare alle ristrette, dopo un’ora di plenaria andata a vuoto, la viceministra allo Sviluppo Teresa Bellanova ha chiesto di «portare proposte concrete», perché «non andiamo in ristretta per fare una seduta spiritica». La vice di Carlo Calenda ha esortato azienda e sindacati a prendere sulle loro spalle «la responsabilità» della vertenza, visto che «ci sono 2500 persone che aspettano una risposta» e ribadendo la disponibilità del governo.

Da parte del sindacato ieri sera prevaleva il pessimismo. Giorgio Serao, segretario Fistel Cisl, spiegava che «un accordo sembra sempre più improbabile». «La trattativa è molto difficile e ancora lontana da una possibile intesa, ma continuiamo a provarci», ha commentato Marco Del Cimmuto, segretario nazionale Slc Cigl. Al momento, «abbiamo fatto degli incontri separati e ora siamo riuniti, ciascuno con le proprie delegazioni, per cercare di formulare una proposta unitaria da presentare al governo andando oltre il tema degli ammortizzatori sociali nella speranza di sbloccare questa trattativa».

«STIAMO PARLANDO a 360 grandi per capire fino a dove possiamo spingerci», ha aggiunto Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom. Se i sindacati hanno pensato a una controproposta da presentare, come dicono, forse c’è la possibilità che finalmente la situazione si sblocchi e che si possa trovare una soluzione dignitosa.