Come da copione Luigi Spagnolli ha strappato il terzo mandato da sindaco, ma fra le macerie delle urne negli altri dieci comuni. Il tricolore Pd si affloscia a mezz’asta: i ballottaggi in Trentino Alto Adige sono una Caporetto per Renzi, se all’ombra delle Dolomiti si «scorpora» fino in fondo l’esito del voto.
L’affluenza domenica è scesa ai minimi termini: 40% in città rispetto al già sintomatico 57% di due settimane prima. Poi è arrivato un altro smacco cocente per gli alleati della Svp a Merano, dove il municipio si tinge di verde proprio come a Rovereto. E a Laives si registra il risultato più urticante: Christian Bianchi della Lega formato Salvini sorpassa in volata Liliana Di Fede, sindaco uscente e segretario provinciale del Pd bolzanino. Insomma, si è davvero materializzata una «piccola Liguria» a Nord Est: la linea del Piave del 31 maggio diventa Venezia intorno a Felice Casson più che le Regionali con Ale Moretti & Flavio Tosi.

A Bolzano, nel ballottaggio senza storia incide la Grande guerra, storia identitaria che tuttora separa come l’ansa dell’Isarco davanti al monumento di Marcello Piacentini eretto dal regime fascista. Un secolo dopo, Spagnolli vince. Ma col palazzo della provincia autonoma senza bandiera d’Italia: doveva essere esposta come da disposizioni di Roma; invece in città si sono rivisti i drappi suditirolesi listati a lutto. Il sindaco sceglie di fermarsi giusto all’incrocio del cimitero di guerra, perché aveva un nonno alpino e l’altro con la divisa del Kaiser. Tuttavia da oggi sarà sul serio in trincea, bersaglio in aula dei fascisti di Casa Pound e ostaggio nelle stanze dei bottoni della Südtiroler Volkspartei. Il 57,7% di Spagnolli ai danni del forzista Alessandro Urzì nasconde la debolezza della nuova amministrazione «riformista». Non può convincere l’area rossoverde che con Cecilia Stefanelli vanta il 10,5% dei consensi né replicare il «sistema a statuto speciale» del bilinguismo politico.

Per il Pd renziano è stata una vera catastrofe. Soprattutto in provincia di Trento, perché la sussidiarietà autonomista del dopo-Dellai è in tilt con prevedibili conseguenze per il governatore Ugo Rossi. A Rovereto (39 mila abitanti) il sobrio e sorridente Francesco Valduga ha clamorosamente rottamato Andrea Miorandi. Sciarpa verde-gialla al collo, il medico oncologo che si ispira a Mino Martinazzoli e rivendica il civismo ecologista ha già pronta la squadra di governo all’insegna della partecipazione condivisa. Pd e Svp si devono accomodare all’opposizione, nonostante la presuntuosa campagna elettorale con tanto di colpi sotto la cintura.
A Borgo Valsugana altro tonfo Pd: Fabio Pompermaier si ferma al 45% e cede a Fabio Dalledonne sostenuto da due liste civiche. Clamorosa la svolta nel municipio di Merano, seconda città sudtirolese. Con il 60,7% Paul Rösch è il primo cittadino del Sole che ride, mentre con Gerhard Gruber la Svp mangia altra polvere insieme al Pd apparentato nella inattesa catastrofe.
Ma è Laives (17.606 anime a meno di dieci chilometri dal capoluogo) l’emblema del vero democrack nei ballottaggi. Con 3.208 voti trionfa il leghista Christian Bianchi, che al primo turno ne aveva raccolti 2.397. La sindaca Liliana Di Fede, che guida anche il Pd provinciale, si è fermata a 3.001 senza ottenere l’indispensabile sostegno degli elettori di Svp o Verdi e tanto meno di quelli del M5S. Uno smacco devastante, la più bruciante delle sconfitte, il peggior esito politico. Laives non guadagnerà un titolo a livello nazionale, però rappresenta già un incubo. Per tutti?