I giorni del vino e delle rose. Tre racconti del giovane cineasta yankee-lusitano Gabriel Abrantes (North Carolina, 1984) riuniti in un lungometraggio-bouquet dal titolo Pan pleure pas. Liberdade: in Angola, un giovanotto impotente inscena un disperato agguato al fine di procurarsi del Viagra. Taprobana: il grande poeta portoghese Luis de Camoes è il protagonista di una vicenda libertina in quel di Goa, nell’India del XVI secolo, ma il purgatorio fantasmatico che lo circonda assume strani colori hollywoodiani. Ennui ennui: in Afghanistan, una rappresentante di Bibliothèques sans frontières si assume il meritevole e ingrato compito di diffondere Flaubert e Deleuze presso le popolazioni locali, ma per lei è pronto il contrappasso dell’incontro con un talebano incaricato invece dai familiari della meno encomiabile missione di deflorare giovani fanciulle. Tra le migliori anomalie del cinema apolide di ultima generazione: invecchiati – agli antipodi – anche Pedro Costa e Gaspar Noé, si può guardare ad Abrantes come a una speranza di rinnovato caos stilistico e benemerita beffa continua indirizzata alle buone coscienze terzomondiste dei seguaci d’Occidente, impensabile obsoleto.
Operazione terrore. Provate a immaginare parrocchie, confraternite e organizzazioni religiose che tra gli anni ’60 e ’70 commissionano ad Alberto Cavallone o Franco Brocani una serie di educationals, ovvero corti di propaganda religiosa da proiettare utilmente in occasione di riti e funzioni pubbliche… Incredibilmente è ciò che accadde nello stesso periodo negli USA, dove Rolf Forsberg – nato a Chicago nel 1925 e di discendenza svedese – girò alcuni 16mm sponsorizzati da gruppi confessionali, ufficialmente di argomento religioso, in realtà autentici esperimenti di inquietudine art house – un vero e proprio vulnus per i rituali della domenica – ispirati da Bergman, Fellini… e altri allucinogeni. Qualche titolo? Parable (1964), commissionato dal Concilio delle Chiese Protestanti di New York, cristologica allegoria circense; Stalked (1968), sorta di Carnival of Souls per cattolici praticanti; Ark (1970), post-apocalittico ma edificante in soli 19 minuti. Siccome difficoltosi da vedere, sempre meglio ritornare al solo capolavoro che nel 1979 disse tutto sull’ossessione spirituale americana e le sue conseguenze politiche: La saggezza nel sangue di John Huston.
10. Su label tedesca Camera Obscura il blu-ray/dvd di The Killer Reserved Nine Seats (L’assassino ha riservato nove poltrone, 1974), di Giuseppe Bennati, regista multigenere poco stracultizzato. Per festeggiare il suo compleanno, l’aristocratico Patrick Davenant convoca un gruppo di persone in una grande proprietà con annessa una vecchia sala di teatro abbandonata. A sentir la leggenda, un secolo prima, nel corso di una rappresentazione, in quel luogo nove membri della compagnia furono assassinati. Gli attuali invitati, tutti per qualche motivo in relazione l’uno con l’altro, sono dominati fondamentalmente dall’odio reciproco: poco male, visto che un assassino mascherato si impegnerà a decimarli, ri-celebrando la strage originaria. Mani inchiodate al muro e brillanti scene lesbo (Eva Czemerys e Paola Senatore): l’andamento giallo/sexy è faticoso, ma gli si deve l’onore del recupero. Nel cast anche Rosanna Schiaffino, Chris Avram e Janet Agren.