La nuova tegola sulla testa di Berlusconi la fa cadere, involontariamente, il fedelissimo di nome e di fatto: Emilio Fede. Registrato a sua insaputa dal personal trainer, l’ex direttore del Tg4 va giù a valanga: «Guarda cosa Dell’Utri sta mangiando a Berlusconi: 70 conti all’estero, tutti che fanno riferimento a lui. Perché lui è l’unico che sa. Un magna magna». E poi: «La vera storia della vicenda Berlusconi: mafia, soldi, mafia».
La bobina, debitamente ripulita, è già stata inviata alla procura di Palermo, ed è agli atti del processo sulla trattativa. Il loquace ha ovviamente smentito e annuncia di aver già «denunciato quel truffatore». Di certo a Berlusconi la notizia non avrà fatto piacere. Tanto più che, dopo l’insperata assoluzione, i guai hanno ricominciato ad addensarsi. Non giudiziari, per il momento, ma politici.
Paradossalmente proprio la “resurrezione” ha finito per rendere più arduo il compito di ricostruire il centrodestra. Lunedì veniva addirittura data per già scritta la missiva con cui l’ex capo assoluto chiamava a raccolta i ras dispersi nella diaspora. Che la lettera ci fosse davvero è incerto. È invece sicuro che il gran capo avesse in programma un incontro diretto con Angelino l’ex delfino per domani. Ma il ’traditorissimo’ gela le attese, con tanto di dichiarazione pubblica: «Non ci sarà alcun incontro con Berlusconi. Prima vediamo come si comporterà Fi sulla legge elettorale. Se vorrà uccidere i potenziali alleati e votare contro le preferenze».
Alfano, dunque, si è adeguato alla linea dura dei suoi colonnelli e mette Berlusconi di fronte a un ricatto secco: o l’Italicum o la coalizione. È probabile che il cavaliere consideri la puntata altissima un bluff, dal momento che l’Italicum renderebbe la coalizione questione di sopravvivenza per l’Ncd. Berlusconi e Verdini sono convinti che Alfano non sceglierà di sacrificare il suo partito e la sua vita politica pur di rovinare l’ex padre politico.
Il ragionamento, però, non funziona con la Lega, altra destinataria della lettera fantasma. Salvini, confortato non solo dalle europee ma anche dai sondaggi che danno il Carroccio in ulteriore crescita, è convinto di potercela fare anche da solo e chiude ogni spiraglio: «Io a un tavolo con Alfano nemmeno mi ci siedo». La replica del ministro degli Interni arriva a stretto giro, ed è identica persino nella formula: «”Noi non ci sediamo a nessun tavolo con una destra razzista e xenofoba».
«Come inizio per il centrodestra non c’è male», commenta sarcastico Ignazio La Russa. L’inattesa sentenza di Milano e la minaccia di un ritorno in campo a pieno titolo dell’ex leader hanno infatti portato in tempi rapidi al punto di non ritorno tensioni che altrimenti sarebbero rimaste ancora latenti. Perché tutti sono felicissimi di vedere il perseguitato libero dalle accuse, almeno da quelle più infamanti; ma nessuno o quasi sarebbe felice di ritrovarselo di nuovo sovrano assoluto. Però proprio la monarchia assoluta di re Silvio è stata per vent’anni l’unico collante della destra italiana. Finito quel regno, non c’è più neppure il centrodestra.
Forse anche per questo l’assolto ha scelto ieri di disertare la prima uscita pubblica prevista dopo la sentenza: la presentazione del libro di Michela Biancofiore Il cuore oltre l’ostacolo. Tra Galan, Fede e il fallimento della riunificazione, stavolta a Silvio il cuore è invece mancato.