Charterhouse, un esclusivo college di Godalming, nel Surrey, Inghilterra. È qui che nel 1967 Anthony Phillips e il suo amico Michael Rutherford decidono di metter su una band, sulla scia delle grandi star britanniche del tempo, quasi per gioco. Un gioco che di lì a qualche anno avrebbe partorito una delle formazioni più influenti e acclamate della storia del rock, i Genesis.

 

Da qualche tempo si sta facendo un gran parlare di una possibile reunion del nucleo storico, o meglio, del nucleo che ha creato il mito, ma per il momento l’unica cosa che si è concretamente realizzata è stato un incontro tra i cinque membri della band (in ordine rigorosamente alfabetico Tony Banks, Phil Collins, Peter Gabriel, Steve Hackett e Mike Rutherford) che ha portato a un dvd/blu ray, Sum of the Parts da poco pubblicato tramite Eagle (distr. Edel), in cui si confessano e raccontano la loro visione della storia, con non poche punzecchiate tra loro ma anche con emozione per ciò che è stato.

 

Il titolo del documentario, «La somma delle parti», fotografa perfettamente il senso di una band per la quale vale, come per pochissimi altri, la definizione di «gruppo», un insieme di persone, di artisti, di teste pensanti, più che l’espressione della leadership di un singolo.

 

Il film racconta, attraverso interviste ai protagonisti principali e interventi di giornalisti, manager, studiosi ed esperti della materia, la «genesi» della band, dagli inizi al college fino al definitivo, o almeno così sembra, scioglimento, alla fine del tour del 2007. Quattro capitoli principali ci fanno immergere in questa «epopea» dai contorni variegati, ma il fulcro e il motivo di maggiore interesse lo si trova senza dubbio nel primo, quello che racconta gli anni di Peter Gabriel, il periodo di maggiore creatività del gruppo, accompagnato dalle loro voci e da frammenti di rari video originali dell’epoca.

 

È Anthony Phillips, chitarrista e membro fondatore della formazione inglese, a raccontare – mentre scorrono foto, immagini e suoni del primo singolo, She is Beautiful – di come lui e Rutherford stessero pensando a un tastierista per la loro band. La scelta cadde su uno studente della stessa scuola, Tony Banks, che accettò l’invito a patto che del gruppo potesse far parte anche un suo amico cantante, Peter Gabriel, appassionato di beat, di Otis Redding e di Jimi Hendrix. I quattro, con il batterista Chris Stewart di cui non si fa praticamente mai menzione, si esibiscono in piccole performance fino alla svolta: Jonathan King, in quegli anni musicista di fama in Inghilterra e ex studente alla Charterhouse, in visita alla sua vecchia scuola viene invitato ad ascoltare una cassetta con le canzoni della band. King ne rimane affascinato: «Mi colpì la voce, bellissima, e decisi di produrre il loro disco. E visto che quello sarebbe stato anche l’inizio della mia carriera di produttore pensai che un nome perfetto per il gruppo potesse essere Genesis». Ma il rapporto dura lo spazio di un solo disco, il debutto From Genesis to Revelation, perché, come sempre King ammette: «Non volevo una band che avesse idee sue su cosa fare, volevo essere io a decidere».

 

Il disco passò praticamente inosservato ma i Genesis cominciarono a muoversi al di fuori della loro nicchia e nel marzo del 1970 arriva il momento di partecipare a un festival, l’Atomic Sunrise, alla Roundhouse di Camden Town, a Londra. Tra i tanti nomi ospiti della kermesse spiccava quello di un giovane talento londinese, David Bowie, che i Genesis conoscevano e apprezzavano, e con il quale divisero il palco proprio in quell’occasione. Di quella performance restano alcune tracce video tra cui una splendida Looking for Someone, che di lì a poco avrebbe fatto parte del secondo album della band, Trespass, un disco in cui si cominciavano ad avvertire i prodromi di quel sound che sarebbe diventato per anni il loro marchio di fabbrica e che sarebbe stato emblema di un genere e di un periodo, il progressive rock, particolarmente in voga Oltremanica grazie a band come King Crimson e Gentle Giant.

 

Dopo l’uscita di Trespass, appena più fortunato del debutto in termini di vendite grazie anche al traino di un brano come The Knife, Anthony Phillips comincia ad avvertire troppa tensione e abbandona la band, gettando gli altri tra disperazione e sconforto: senza Anthony, vero animatore e mente del gruppo, sarebbe stato forse impossibile continuare. Ma a cambiare le carte in tavola arrivano due musicisti dalle notevoli qualità tecniche, un batterista, Phil Collins, e un chitarrista, Steve Hackett. Il loro ingresso dà nuova linfa al loro stile, con Collins capace di spaziare tra i generi e di usare la batteria come uno strumento melodico, e Hackett abilissimo negli assoli e nella ricerca dei suoni, anche se i motivi di attrito, specie tra Banks e Gabriel, portano a screzi e litigi sempre più frequenti.

 

Il 1971 è l’anno di Nursery Crime. L’album riceve maggiori consensi e li porta a suonare in giro per l’Europa, dando il via al primo travestimento di Gabriel. Come racconta Mike Rutherford: «Stavamo suonando a Dublino e non sapevamo che l’avrebbe fatto, non ce lo aveva detto. Sapeva che non glielo avremmo permesso, ma è stata forse la nostra fortuna». Quella perfomance e quel vestito da donna rosso con la maschera da volpe indossati durante The Musical Box – di cui il dvd ci regala alcuni estratti video – portarono i Genesis sulle prime pagine di alcune delle più importanti riviste specializzate del tempo, ma soprattutto, come dice Phil Collins, permisero a Gabriel di superare la tensione e la paura del palcoscenico: «Non si sentiva a suo agio su un palco, finché non diventava un altro».

 

Ormai i cinque hanno acquistato totale fiducia in se stessi e nelle loro capacità come compositori e come performer e l’anno dopo pubblicano il capolavoro Foxtrot, con il lato b del 33 giri monopolizzato da un brano, Supper’s Ready, una suite di oltre 23 minuti, una sorta di concept «biblico». Il successo in Inghilterra e in Europa è ormai assicurato, ma dall’altra parte dell’Atlantico i Genesis sono ancora degli emeriti sconosciuti, è giunta l’ora per un tour negli Stati Uniti.

 

Il dvd dedica poco spazio a Selling England by the Pound, a parte immagini video di I Know what I Like, per passare invece alle dolenti note, a The Lamb Lies Down on Broadway, l’album che sancì l’abbandono di Peter Gabriel, scelta unilaterale confessata dallo stesso Gabriel al tour manager durante il loro secondo tour negli Usa. Nell’intervista di gruppo si percepisce inequivocabilmente come la ferita non si sia mai ricucita del tutto, con Gabriel ad ammettere i contrasti e Banks che non nasconde il suo disappunto definendo quel periodo come il peggiore della loro storia.

 

A prenderne l’eredità, come è noto, nonostante qualche perplessità per non voler abbandonare il suo amato strumento, fu Phil Collins, ma dopo un paio di anni e di album (A Trick of the Tail e Wind and Wuthering) è la volta di Steve Hackett a lasciare il gruppo. Il gruppo, formato ora dai soli Banks, Collins e Rutherford affiancati nei live da Chester Thompson alla batteria e Daryl Stuermer alla chitarra e al basso, vira musicalmente sempre più verso una forma canzone decisamente pop e, inaspettatamente quanto logicamente, arriva il vero grande «boom» grazie a dischi come Abacab, Duke, Invisible Touch e We Can’t Dance.

 

C’è tempo per esplorare anche le rispettive carriere soliste, costellate dai successi planetari di Gabriel (con un breve accenno al suo impegno politico) e Collins, da qualche ottima riuscita commerciale per Rutherford, mentre rimangono un po’ in sordina i lavori di Hackett e Banks, il quale non fa certo mistero di nutrire una certa gelosia nei confronti della fama e del successo di Phil Collins.

 

Sum of the Parts difficilmente riuscirà a metter d’accordo i fan delle fasi Gabriel e post Gabriel – troppe e troppo marcate le differenze tra i due periodi – ma riuscirà a soddisfare entrambe le anime. In contemporanea all’uscita di Sum of the Parts la stessa Eagle pubblica anche la versione in dvd di Three Sides Live, il live che riproponeva il tour del 1982 per l’uscita dell’album Abacab. Una sorta di ponte ideale nella storia di una band unica.