«Non chiediamo un intervento internazionale in Libia», sono le parole del premier in pectore, Fayez al-Serraj, inviate ai negoziatori che hanno discusso del futuro della Libia nella conferenza che si è tenuta ieri a Vienna. Al-Serraj ha chiesto di procedere con «l’addestramento e la rimozione dell’embargo sulle armi», ricordando la necessità di sconfiggere l’Isis nel paese.
In verità il premier del Governo di accordo nazionale aveva già chiesto un intervento internazionale in protezione dei terminal petroliferi libici, dopo il ferimento del leader della Petroleum Protection Guard, Ibrahim Jadran, la milizia che ha protetto i pozzi, per conto delle grandi compagnie petrolifere internazionali, negli ultimi anni nonostante il caos libico.

«Alcune attività (di potenze straniere, ndr) stanno minando i nostri sforzi e intensificheranno solo il conflitto», ha aggiunto al-Serraj. Di fatto un intervento internazionale in Libia è già in corso. Oltre ai raid dei droni Usa e inglesi, Francia ed Egitto con il loro appoggio anche militare al generale di Tobruk, Khalifa Haftar, non stanno di certo facilitando l’insediamento del Gna.
Quale sarà il futuro dell’auto-proclamatosi capo delle Forze armate della Cirenaica, epigono del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, è il principale nodo politico che dovrà essere sciolto a Vienna. La richiesta di far parte del Gna potrebbe non essere sufficiente per placare le mire dell’uomo che con un nugolo di soldati ha provato per mesi e senza successo di arrivare a Tripoli, a nome della comunità internazionale.

La conferenza di Vienna è stata voluta principalmente dal Segretario di Stato, John Kerry, e dal ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, per accreditare il Gna di al-Serraj che dal 30 marzo fatica ad insediarsi. Come la conferenza di Roma dello scorso dicembre, a Vienna sono intervenuti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, organizzazioni internazionali e regionali, insieme a Malta, Ciad, Niger e Sudan (20 paesi in tutto). Già le diplomazie di Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna erano volate a Tripoli nelle scorse settimane e avevano tentato di insediarsi nelle rispettive sedi diplomatiche, lasciate vuote dopo l’avanzata di Isis. La stessa promessa di riapertura era arrivata dalle ambasciate dei vicini paesi nord-africani.

Il Gna si è insediato a Tripoli, raggiungendo la capitale libica via mare, in seguito alla firma dell’accordo dello scorso dicembre a Skhirat in Marocco tra le fazioni di Tripoli e Tobruk, con la mediazione dell’inviato delle Nazioni unite, Martin Kobler. Sia in Cirenaica sia in Tripolitania tuttavia permangono non poche resistenze all’insediamento del Gna. Mentre il premier di Tripoli, vicino al cartello Fajr (Alba) aveva prima dato e poi tolto il suo assenso al Gna. Il parlamento di Tobruk non è mai riuscito a votare la fiducia ad al-Serraj per il continuo boicottaggio dell’assemblea da parte del presidente, Aqila Saleh. Quest’ultimo ha preso parte alla conferenza di Vienna all’ultimo minuto. Ciò conferma l’importanza del sostegno di Tobruk alla tenuta del Gna. Sette tentativi consecutivi falliti di voto hanno prodotto l’aventino di 102 deputati pro-Serraj e la decisione di provvedere ad una riforma in extremis della dichiarazione costituzionale in vigore pur di acconsentire al voto di fiducia.

«Chi ostacola la pace andrà incontro a sanzioni», è stata l’immediata reazione di Kerry, che ha incontrato il suo omologo russo, Sergei Lavrov, per discutere di Libia. Gli Usa avevano già approvato sanzioni ad personam contro Khalifa Gweil per la sua opposizione al Gna. Washington ha promesso invece una graduale fine dell’embargo sulle armi proprio con lo scopo di rafforzare il Gna.

A Vienna, Kerry ha riconosciuto anche il ruolo che sta esercitando l’Italia in Libia. Il governo Renzi aveva promesso l’invio di 250 uomini in caso di una missione di peace-enforcement nel paese. «La stabilizzazione è vitale per lottare contro il terrorismo e per promuovere sviluppo», ha assicurato Gentiloni che ha escluso un attacco e confermato l’impegno di Roma sia ad addestrare le forze di sicurezza libiche sia per l’invio di aiuti umanitari nel paese. I soldati italiani saranno inviati solo a protezione dell’ambasciata di Roma, mentre una forza multinazionale dovrebbe controllare il quartier generale Onu a Tripoli.

L’aviazione di al-Serraj ha colpito ieri l’avamposto di Isis a Sirte di Abu Grein. L’ospedale di Misurata starebbe accogliendo i feriti in seguito all’attacco. Sia da oriente sia da occidente la città, che ha accolto i miliziani di Isis in fuga da Derna, è circondata dalle forze vicine ad Haftar e Serraj.

Non da ultimo, a Vienna si è discusso di profughi e rotte delle migrazioni. I governi dei paesi presenti si sono detti pronti a collaborare con il Gna per contenere il business delle migrazioni, nonostante le critiche mosse da vari governi europei all’efficacia dell’operazione Sophia nell’ambito di Eunavfor Med.