Secondo un sondaggio della tv pubblica Zdf, la maggioranza dei tedeschi ritiene che la Germania abbia le risorse per fare fronte al massiccio afflusso di profughi e richiedenti asilo (800 mila per il 2015) che transitano dai Balcani. Un dato positivo, che fa il paio con un altro: l’86% dei cittadini considera la Repubblica federale un Paese di immigrazione come gli Usa. Un’opinione pubblica generalmente ben disposta non cancella, però, né i gravi problemi logistici nell’accoglienza, né il ripetersi di episodi di violenza di stampo razzista.

I municipi tedeschi sono al collasso. La competenza in materia di prima ricezione e cura dei richiedenti asilo è loro, ma i soldi e le strutture che possono mettere a disposizione non sono più sufficienti. Per questo cresce la protesta dei sindaci, senza distinzione di appartenenza politica, nei confronti delle autorità dei Länder e di quelle federali: «Servono finanziamenti straordinari, e in fretta». Le uniche regioni che, finora, hanno mostrato un’autentica attenzione al problema sono il Baden-Württemberg, guidato da un governatore dei Verdi, e la Turingia di Bodo Ramelow, primo esponente della Linke a capo dell’esecutivo di un Land.

In realtà, c’è chi sostiene che non servirebbero nemmeno nuove spese. Secondo alcuni analisti, a risolvere l’emergenza basterebbe che gli stanziamenti da Berlino arrivassero direttamente ai comuni senza passare attraverso i Länder: la normativa attuale prevede, invece, che siano questi ultimi a ricevere i soldi dallo stato e poi a trasferirli sul territorio. Un passaggio che fa perdere tempo, ma soprattutto che non garantisce che il denaro che parte da Berlino arrivi davvero alla destinazione finale.

Le difficoltà delle amministrazioni comunali vengono ovviamente strumentalizzate dall’estrema destra: puntare il dito contro «gli stranieri che mandano in bancarotta le casse delle città tedesche» è fin troppo facile. Soprattutto nella Germania orientale, sensibilmente più povera rispetto a quella occidentale. E così all’«emergenza profughi» si affianca una molto più allarmante «emergenza neonazismo»: è uno stillicidio di episodi di ostilità nei confronti dei richiedenti asilo (provenienti soprattutto da Siria e Kosovo, ma anche da Iraq e Afghanistan).

Nella notte fra giovedì e venerdì si sono registrati due attentati incendiari contro strutture di accoglienza, per fortuna senza danni alle persone, nel quartiere Marzahn di Berlino (nella periferia orientale) e nel paese di Neustadt an der Waldnaab, in Baviera. E la notte successiva violente proteste sono scoppiate nella cittadina sassone di Heidanu nei pressi di Dresda, la «capitale» del movimento anti-migranti Pegida: quasi un migliaio di persone hanno cercato di impedire il trasferimento di un gruppo di richiedenti asilo nel centro di accoglienza situato in quel comune.

Bilancio: 31 poliziotti feriti. Il ministro della giustizia Heiko Maas ha promesso ieri massima durezza contro i razzisti violenti.

I neonazisti continuano anche nelle «pacifiche» manifestazioni di piazza: giovedì hanno sfilato in circa 600 a Suhl, cittadina della Turingia, per chiedere la chiusura del locale centro di accoglienza, all’interno del quale nei giorni precedenti si erano verificati incidenti fra gli stessi richiedenti asilo. Un contro-corteo antifascista, meno numeroso, ha mostrato solidarietà ai migranti.

Generalmente, i rapporti di forza sono rovesciati, ma in questa fase i neonazisti sono in piena euforia da mobilitazione e il tam tam nel mondo dell’estrema destra, purtroppo, sta funzionando.