Strangolato dalla t-shirt appesa alle grate della cella un quarto d’ora dopo l’ultimo controllo. Così la polizia penitenziaria ha trovato Jaber Al Bakr, 22 anni, siriano, arrestato lunedì da due connazionali, sospettato di pianificare un attentato in un aeroporto tedesco. È bufera sulle forze dell’ordine, incapaci prima di catturare il presunto terrorista, circondato, a Chemnitz, poi di sorvegliarlo nell’ala di massima sicurezza del carcere di Lipsia.

«Era tenuto d’occhio ogni 30 minuti» confessa il direttore della prigione Rolf Jacob. Da Berlino il ministro De Maizière chiede «subito chiarezza sul suicidio» e si rammarica per le «indagini ora più difficili». Ma a Dresda il responsabile della Giustizia del Land Sebastian Gemkow (Cdu) ammette solo la “colpa” d’ufficio: «Non c’era un chiaro segnale che volesse uccidersi. Mi assumo le responsabilità ma non mi dimetto».

La versione ufficiale non convince. Prima di impiccarsi Al Bakr ha spaccato lampade, manipolato prese di corrente e manifestato altri sintomi di autolesionismo. Il suo avvocato Alexander Huebner respinge la tesi del gesto improvviso: «L’intenzione del suicidio era nota. Per questo era sorvegliato. Da domenica non mangiava né beveva».