I 30mila cittadini del Peñón, come viene anche chiamata Gibilterra, sono fra i primi a sentire gli effetti della Brexit. Nel «territorio d’oltremare» inglese, infatti, lavorano più di 10mila spagnoli che già hanno visto i loro stipendi svalutarsi con la caduta della sterlina di ieri.

In questo minuscolo fazzoletto di terra di meno di 7 chilometri quadrati incrostato nell’Andalusia più profonda, le percentuali di voto sono state bulgare: solo il 4% ha votato per lasciare l’Europa, con una partecipazione record dell’84%. Non sorprendentemente: l’economia gibilterrina, tecnicamente un paradiso fiscale, è basata sul turismo e il livello di vita è più alto di quello dei loro vicini spagnoli.

Lo status di questo territorio risale alla guerra di successione spagnola che si chiuse nel 1714, quando la Spagna cedette la sovranità della penisola al Regno Unito. Ma in questi tre secoli gli spagnoli non hanno mai smesso di cercare di recuperarla. E infatti puntualissimi sono arrivati i primi commenti. Per esempio del ministro degli esteri Margallo, che di prima mattina ieri affermava: «La bandiera spagnola è sempre più vicina al Peñón»; o della vicepresidente del governo Sáez de Santamaria che ha detto: «Gibilterra è parte dello stato spagnolo e questa (quella spagnola, ndr) è la sua bandiera».

I gibilterrini hanno respinto più volte le ipotesi di co-sovranità con la Spagna (l’ultima volta in un referendum del 2012), ma la destra spagnola non ha mai smesso di trovare pretesti per chiudere le frontiere e fare pressioni sull’avamposto inglese. Tecnicamente, Gibilterra è fuori da Schengen, quindi con o senza Brexit le frontiere ci sono. Ma la flessibilità della chiusura dipende da Madrid e dopo i risultati del referendum ci saranno più scuse per fare pressioni.

Margallo non ha perso tempo, e già ha dichiarato che lo status di Gibilterra dovrà essere rinegoziato bilateralmente «nel quadro della decolonizzazione che si deve risolvere attraverso il principio dell’integrità territoriale e non dell’autodeterminazione». Un concetto, quest’ultimo, che come noto non riscuote le simpatie del partito popolare.