È un salto indietro di oltre un quarto di secolo, è dal 1991 che l’Associazione nazionale magistrati non diserta l’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione. Lo farà (o almeno promette di farlo) il prossimo 26 gennaio. Non riservando a Sergio Mattarella – che della cerimonia è l’ospite d’onore – il «doveroso rispetto», riconosciuto negli anni ai presidenti Napolitano e Ciampi perfino nei momenti più duri dello scontro tra le toghe e i governi di Silvio Berlusconi.

Ci sono state inaugurazioni mancate dai magistrati, soprattutto nei primi anni Duemila. Oppure partecipate, esibendo per protesta la Costituzione, toghe nere e libri bianchi. È accaduto però solo nelle cerimonie locali, quelle che si tengono nelle città in Corte d’appello. Mai a Roma in Cassazione. La giunta guidata dal presidente Piercamillo Davigo, e ieri all’unanimità il comitato direttivo – il «parlamentino» dell’Anm – hanno scelto questa strada contro le «inadempienze» del governo. Soprattutto del ministro della giustizia Andrea Orlando, che è rimasto in via Arenula nel passaggio da Renzi a Gentiloni ma è tornato indietro dalla promessa di risolvere le due questioni strettamente sindacali che l’Associazione magistrati pone da tempo.

La prima riguarda l’età pensionabile, che il governo Renzi ha prima abbassato a 70 anni per tutti i magistrati e poi alzato, con decreto, a 72 solo per le toghe al vertice della Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Una mossa quasi «ad personam» giudicata incostituzionale dall’Anm. Che oltretutto, come spiega il vice presidente dell’associazione Luca Paniz «non abbiamo mai chiesto di estendere a tutti i magistrati in maniera strutturale». Perché «è anche giusto che un magistrato vada a riposo a 70 anni, ma servirebbe una gradualità. Cinquecento pensionamenti su un totale di meno di 8mila magistrati stanno producendo, come avevamo previsto, effetti disastrosi nelle procure. Sarebbe necessario contingentare le uscite almeno nel 2017 e fino alla copertura degli organici. E poi bisognerebbe risolvere il problema dell’ingresso tardivo in carriera dei magistrati, siamo l’unica categoria che entra in servizio a 33 anni. Così è difficile raggiungere il massimo di contribuzione».

La seconda questione riguarda i termini necessari perché un magistrato possa chiedere il trasferimento di sede, allungati dal governo da tre a quattro anni. Troppi, soprattutto per i magistrati di prima nomina, assegnati di ufficio alla prima sede. La correzione doveva arrivare nel decreto mille proroghe e invece non è arrivata. Da qui la protesta dei magistrati, anche se una soluzione si vede all’orizzonte con un emendamento al decreto (in conversione a febbraio).

Proprio per controllare da vicino le nuove promesse del governo (stavolta neanche ufficiali), l’Anm ha convocato una nuova riunione del comitato centrale, il prossimo 18 febbraio.

Per quanto clamorosa, la decisione di ieri è arrivata come mediazione – proposta dalla corrente di sinistra, Area – rispetto alle intenzioni della destra della magistratura. Magistratura Indipendente e Autonomia e indipendenza, la corrente del presidente Davigo, proponevano lo sciopero bianco che avrebbe bloccato gli uffici giudiziari. È stato lo stesso Davigo a improvvisarsi mediatore, con un «appello all’unità dei magistrati» e un riferimento «ai sacrifici che abbiamo fatto io e il mio gruppo».

E mentre il ministro Orlando tende la mano per «proseguire una discussione» e cerca ancora di «evitare che si scarichino tensioni sulle inaugurazioni», resta l’intenzione della toghe di disertare la cerimonia in Cassazione e tenere quel giorno una conferenza stampa per spiegare le ragioni dello scontro.

Esattamente quello che fece l’Anm di Raffaele Bertoni 26 anni fa, ma allora al Quirinale c’era Francesco Cossiga che attaccava i magistrati due volte al giorno (arrivando anche a muovere i carabinieri). Era il 9 gennaio 1991, l’ultima volta che i magistrati disertarono il Palazzaccio della Cassazione nel giorno più solenne per la giustizia. L’anno dopo sarebbe cominciata Mani pulite, come Davigo ben ricorda.