Estate (quasi) archiviata e ritorno della rubrica dedicata a volumi di interesse jazzistico. Parziale l’eccezione odierna: ci si occupa del numero di luglio della rivista statunitense Down Beat che ha festeggiato ottant’anni. Delle 114 pagine del mensile (inserti pubblicitari compresi) 32 sono dedicate all’anniversario; la prima uscita avvenne nel 1934 quando gli Usa (ed il jazz) stavano uscendo dalla tremenda crisi del 1929 e si profilava il successo delle orchestre swing.

Il direttore Bobby Reed e la redazione hanno deciso di non pubblicare, come è avvenuto per il 75°, una scelta antologizzata di articoli e interviste quanto di puntare su «persone, luoghi e cose che rendono il jazz la più grande forma d’arte nel mondo».

Si tratta di «un pool di artisti incredibilmente dotati, etichette creative, intelligenti innovatori dell’industria (discografica), festival unici, grandi negozi di dischi, impegnate stazioni radio…» che aiutano questa forma d’arte ad evolversi costituendo un aspetto fondamentale della cultura globale. Sugli 80 ci sarebbe, e molto, da discutere: ben fotografano, comunque, la visione del jazz di una critica statunitense che, nonostante le aperture, appare ancora abbastanza mainstream ed americanocentrica.

Ecco le categorie ed i nomi del/le «80 coolest things in jazz today». The living masters: Tony Bennett, Ornette Coleman, Herbie Hancock, Roy Haynes, Dave Holland, Keith Jarrett, John McLaughlin, Sonny Rollins, Wayne Shorter e Phil Woods); the Next Generation, preceduti da the Gateway Artistis (Harry Connick Jr., Robert Glasper, Diana Krall, Wynton Marsalis, Esperanza Spalding): Jason Adiasiewicz, Ambrose Akinmusire, Gerald Clayton, Amir Elsaffar, Mary Halvorson, Vijay Iyer, Julian Lage, Cécile McLorin Salvant; the Great Jazz Rooms: Bimhuis (Amsterdam), Blue Whale (Los Angeles), Green Mill (Chicago), Preservation Hall (New Orleans), Ronnie Scott’s (Londra), Village Vanguard (New York).

Seguono un approfondimento sul quartiere di Brooklyn quale epicentro jazzistico ed un profilo di Manfred Eicher e della sua Ecm. Si riprende con the Great Jazz Festival: il tedesco Moers, i canadesi Montreal e Victoriaville, il californiano Monterey e, sulla east coast, Newport, il New York Winter, l’italiano Umbria Jazz. Dopo un approfondimento su New Orleans e i negozi di dischi (tutti Usa) si indicano the artists as diy entrepreneur: Mike Reed, Spike Wilner.

Rapida panoramica delle love jazz radio, focus sulla jam session, seguiti dall’interessante categoria global jazz: Jakob Bro, Peter Brötzmann, Hiromi, Instant Composers Pool, Enrico Rava, Omar Sosa. Sorvolo su great jazz institutions, Blue Note e rapporto con i giovani per segnalare i nomi di the genre benders (Bad Plus, Pedrito Martinez, Snarky Puppy, Meghan Stabile), art beyond adversity (Fred Hersch e Bob Belden), freedom (Tony Malaby, Wadada Leo Smith).

luigi.onori@alice.it