Il timbro è sempre quello come l’emissione vocale, potente. Ugola inossidabile si direbbe. «Beh, se non fosse così – spiega Fausto Leali, classe 1944 – avrei tirato i remi in barca da molto tempo». E invece programma concerti, tour e un’ipotesi sanremese: «Il pezzo c’è, è forte, ma le variabili sono tante…» e torna anche a incidere un disco sette anni dopo l’ultimo album in studio. Non solo Leali – in uscita domani per i tipi della Carosello (distribuzione Universal) – è il suo primo di duetti. «Sì, ma ho voluto evitare i cliché del genere. Me l’ha suggerito Mina da cui è partito tutto. Mi ha detto che era inutile cantare i propri pezzi e invece era meglio concentrarsi su brani altrui. Lei mi ha proposto A chi mi dice dei Blue, nella traduzione italiana di Tiziano Ferro. È quello che preferisco». Di impatto, certamente, ma la vera sorpresa è il confronto con Francesco De Gregori sulle note di Sempre per sempre: «È un brano molto dolce giocato sull’emozione, e credo che il contrasto tra le voci sia la sua forza aggiunta».

Leali e la canzone napoletana, un filo che si riavvolge partendo da Vierno – classico del 1946 di Acampora e De Gregorio – inciso una prima volta nel 1975 e ora ripreso con «l’amichevole partecipazione» del rapper Clementino: «Mi sembrava la ’voce ’giusta: il pezzo è drammatico e il suo parlato si inserisce perfettamente nella metrica. È coinvolgente e attuale». Solo lei è stata scelta per una storia particolare: è un brano provinato da Claudio Baglioni, ma destinato a Leali: «Poi quando Claudio mi ha invitato a Lampedusa sei anni fa per O’Scià, gli ho proposto di fare quel pezzo. Era inevitabile che alla fine lo incidessimo insieme per questo disco».

Una vita per la musica: «Da cinquant’anni canto A chi nella stessa tonalità, non voglio abbassarla anche se magari mi capita di fare venti concerti al mese. Così come ho fatto per le tracce del nuovo lavoro». Gavetta tanta: «Nei locali e poi con i Novelty, facevo blues e amavo la musica inglese». E i baronetti, i Beatles, sopra ogni altra cosa: Leali è tra gli artisti che aprono i concerti italiani dei Fab Four nel 1965: «Un’emozione incredibile, ma non ero solo. Gli organizzatori avevano dovuto reclutare diversi artisti perché i Beatles avevano firmato un contratto per soli 12 pezzi, 30 minuti di esibizione. C’ero io, i New Dada, Peppino Di Capri, che è stato fondamentale non solo sul palco ma anche perché aveva filmato alcune esibizioni di McCartney & co. La Rai li aveva ignorati…».