Ustica: una strage, un disastro, la caduta del DC9. Quello che accadde la sera del 27 giugno 1980 sul cieli del Tirreno è, ancora, denominato in modo diverso addirittura nei comunicati delle autorità istituzionali che scrivono ai familiari delle vittime in occasione dell’anniversario. Ancora dopo 36 anni non esiste una parola condivisa. Ustica è stato con tutta probabilità l’evento della stagione delle stragi sul quale c’è stata più «instabilità» nel nominarlo, l’avvenimento ha avuto «diverse trasformazioni di senso o di significato» per dirla con Daniele Salerno, ricercatore di semiotica che ha partecipato al convegno di due giorni a Bologna dal titolo «1980. L’anno di Ustica». Un evento su cui sono state molte le «esitazioni su quello che si può dire o non si può dire, su quello che si sa e quello che non si sa».

A tanti anni di distanza invece si può dire che molto si conosce su quell’azione di guerra in tempo di pace quando un aereo civile rimase vittima inconsapevole di un intercettamento tra velivoli militari. Erano 21 gli aerei militari in cielo quella notte come fece sapere la Nato nel 1996 rispondendo al giudice Rosario Priore. Daria Bonfietti, la presidente dell’associazione dei parenti delle vittime lo dice sempre ma non si è stancata di ripeterlo neanche in occasione di questo convegno: «In questo campo non ci sono ipotesi ma verità che ci ha consegnato la magistratura che ha riconosciuto la responsabilità del ministero dei Trasporti, per non aver controllato la sicurezza, e della difesa, per aver distrutto le prove. Ma oggi serve a tutti sapere chi abbia abbattuto un aereo civile: è un problema di dignità nazionale, non solo dei parenti, cercare di conquistare questa verità. Noi facciamo questa riflessione storica per impegnare il governo a chiedere con più decisione questo pezzo di verità ai paesi amici coinvolti». Si sa quel che è successo, si deve sapere chi l’ha fatto.

La due giorni bolognese è stata un appuntamento di alto livello nel quale diversi storici hanno ricostruito il contesto internazionale e interno di quel 1980. Leopoldo Nuti dell’università di Roma Tre spiega, alla luce delle sue ricerche storiche: «Gli Stati uniti erano i primi a volere la stabilità nell’area mediterranea in quel periodo, è con la presidenza di Ronald Reagan che Gheddafi inizia a diventare un problema». Se il ragionamento di Nuti porterebbe a girarsi verso la Francia nella ricerca di chi ha lanciato il missile che ha abbattuto il DC9 è lo stesso studioso che sottolinea: «Esco da questa due giorni con le idee più chiare ma ancora faccio fatica ad accettare quello che è accaduto. Se fosse stata la Francia stiamo parlando di uno dei paesi che con noi è alla base dell’integrazione europea».

Per questo il punto è ancora quello, come ripete Bonfietti: «una verità potrà arrivare solo da un rapporto politico, da pressioni vere del governo sui Paesi alleati». Luca Alessandrini, direttore dell’istituto storico Ferruccio Parri che ha organizzato con l’associazione il convegno ha parlato di un percorso che non si chiude con questa due giorni ma proseguirà anche l’anno prossimo.